Il Molisannio – progetto di annessione della provincia di Benevento al Molise – rispolverato ultimamente dal presidente della Regione Toma e dal sindaco della città campana Mastella, viene bollato dal segretario della Cgil Molise Polo De Socio come una operazione «per far quadrare i conti di qualche accorpamento elettorale».
In un commento a tratti sarcastico, il numero uno della Confederazione generale del lavoro ne smonta ogni prospettiva.
«La campagna elettorale per le elezioni regionali del 2023 – scrive il segretario – è ormai iniziata e quel che resta della popolazione molisana dovrebbe auspicare un innalzamento del livello della discussione tale da contribuire alla selezione di una futura classe dirigente degna di questo nome e che sappia dare risposte alle emergenze (che rischiano di diventare irreversibili) della Regione: lavoro, spopolamento, sanità e welfare, sviluppo, infrastrutture, trasporti, mobilità, filiera della conoscenza. Ebbene, autorevoli esponenti della politica molisana, aspiranti tali, magnati e navigati centristi e confinanti sanniti spostano l’attenzione sul tema degli assetti territoriali e istituzionali e annunciano, all’interno di una scialba discussione politica, la panacea per (quasi) tutti i mali: la nascita del Molisannio, che sventolerà con orgoglio il vessillo delle genti che, giusto qualche secolo fa, nel corso della Seconda guerra sannitica, umiliarono i romani nei pressi delle famose Forche Caudine».
Con sprezzante ironia De Socio immagina «lo scalpore (e forse la paura ) che ha suscitato questa notizia negli ambienti romani, che non dovranno vedersela con Gaio Ponzio bensì con un nuovo e inedito duumvirato e con nuove truppe recentemente arruolate per favorire l’annessione che avrà un primo (unico?) e determinante obiettivo strategico: Campobasso sarà capoluogo! “P sant nient…”, si direbbe dalle nostre parti».
Chiusa la parentesi spiritosa, il segretario riporta il ragionamento nei binari della critica e pone una serie di interrogativi.
«A prescindere dal clamore scaturito dopo i solitari annunci, alcune domande e altrettante riflessioni sono d’obbligo: da chi e con chi è stata studiata questa strategia? È un’idea che si muove nel percorso di una condivisibile “cooperazione rafforzata” di cui pure si era discusso negli anni passati? Quali sono i vantaggi di questa scelta? Sono state fatte valutazioni simili su eventuali danni-vantaggi con altre Regioni confinanti e/o con altri territori limitrofi?».
De Socio riporta l’esempio delle Cgil, «che non è – afferma – una struttura statica e non è estranea a processi d’innovazione tant’è che nel 2015 ha iniziato a discutere con la sua base dell’accorpamento funzionale con la Cgil Abruzzo e ha praticato un percorso che ha assunto una sua fisionomia abbastanza definita solo alla fine del 2018. Un processo lungo quasi quattro anni – spiega il segretario –, ragionato, condiviso all’interno dell’organizzazione che ha interessato una struttura che, seppur complessa, non è certo paragonabile a quella di una Regione o di una Provincia. Un percorso sindacale partito dall’interazione sui temi di interesse comune, dallo scambio di reciproche buone pratiche e da uno studio ponderato su costi-benefici. All’interno della Cgil, a suo tempo, è stata posta l’attenzione su temi di rilevanza politico-sindacale strategica per le Regioni Abruzzo e Molise: i problemi delle aree interne e i temi che ruotano intorno alle politiche industriali e all’automotive, tanto per fare due semplici esempi».
«Allora – continua De Socio – sarebbe bene che anche i decisori politici a diverso titolo, siano essi governatori, sindaci o improvvisati supporter, prima di annunciare fusioni territoriali e istituzionali, in questo caso a freddo, mettessero a fuoco strategie comuni su cosa fare e cosa non fare. Cose da fare ce ne sono anche in quell’area: rafforzamento dei collegamenti infrastrutturali e dei trasporti viari e ferroviari (quelli che avevamo pensato e chiesto noi, ad esempio, quando avevamo sostenuto lo sviluppo della Zes sulla direttrice Tirreno/Adriatica), valorizzazione dei percorsi turistici e del Parco Nazionale del Matese, sinergia nell’offerta sanitaria pubblica, salvaguardia di uno sviluppo ecosostenibile fondato su prodotti di alto pregio agroalimentare, solo per fare alcuni esempi. Così come ci sono cose che non si devono fare, tipo impianti di incenerimento e di rifiuti (Sassinoro-Morcone docet) e invasioni di qualsiasi tipo di infrastrutture ad alto impatto ambientale, senza che ci sia alcuna regola di gestione o vincolo di salvaguardia del territorio, che potrebbero compromettere la salubrità dell’ambiente e delle produzioni nelle zone di confine dell’alto Tammaro e del Fortore. Ecco – conclude il segretario della Cgil –, forse se alcuni politici, invece di entrare in balia di improbabili strategie verticistiche elettorali, iniziassero a dare segnali concreti e magari a ragionare di questi argomenti con la popolazione, con le parti sociali e con coloro che, a diverso titolo, rappresentano, si potrebbe finalmente parlare di interessi comuni e non di interessi di bottega, che probabilmente servono solo a far quadrare i conti di qualche accorpamento elettorale ma non certo i conti di lavoratori e cittadini molisannitti che rischiano di diventare moliesauriti a seguito di atteggiamenti troppo spesso estemporanei che riguardano, purtroppo, il loro presente e il loro futuro lavorativo e di vita».

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