Se l’articolo 99 della proposta di legge di Bilancio per il 2023 passerà così com’è stato presentato, dall’anno scolastico 2024/2025 servirà una media di 950 alunni per assegnare a una scuola la dirigenza. Questo significa, lancia l’allarme la Flc Cgil, che in Molise (in base all’andamento demografico) in un decennio rischiano di scomparire 21 scuole su 52.
La manovra di Meloni costituisce un netto passo indietro a quella di Draghi che un anno fa – nota il sindacato – al contrario ridusse da 600 a 500 (e 300 nei comuni montani) il numero minimo di studenti. Nel testo da pochi giorni trasmesso alla Camera c’è anche un passaggio sulla necessità di salvaguardare le specificità territoriali con compensazioni territoriali, «ma si tratta di un richiamo vago e insufficiente». Le nuove norme, aggiunge il segretario Pino La Fratta, potrebbero quindi «arrecare un danno incalcolabile alla scuola molisana: non ci si può limitare ad “assecondare” la dinamica demografica e tagliare in proporzione al numero degli alunni, altrimenti si rischia una spirale inarrestabile, che avrà tra i suoi effetti quello di non poter garantire un’offerta formativa di qualità. La particolare conformazione territoriale del Molise, la presenza di comuni montani, la mancanza di efficienti reti di trasporto rende necessaria un’attenzione specifica al territorio».
Durante la cabina di regia sul dimensionamento scolastico, convocata dalla Regione giovedì – e in cui si è registrata «la volontà di Regione e Province di limitarsi a prorogare anche per l’anno 2023/24 il piano di dimensionamento attuale, che prevede per la nostra regione 52 istituzioni scolastiche di cui una sottodimensionata» – la Flc ha evidenziato quindi la necessità di un intervento dei rappresentanti politici e istituzionali a tutela del sistema scolastico molisano. «Più volte si è parlato di aree interne, di progetti volti a riconoscere le specificità del territorio, ma poi, quando si è parlato di numeri, siamo rimasti vincolati a parametri nazionali, che ci penalizzano. Da parte nostra, se non ci saranno modifiche, non possiamo che preannunciare – chiude La Fratta – forti azioni di mobilitazione, non escludendo nessuno degli strumenti a disposizione».

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