«Il debito sanitario continua a crescere fino ad erodere di oltre il 60% i finanziamenti aggiuntivi del fortunato “Superenalotto” riconosciuto questa volta anche alla politica molisana, ma è evidente che non basterà a salvare la sanità senza che ci sia un vero cambio di passo! Aumentare la spesa sanitaria deve essere una priorità nazionale e non solo un’una tantum!».
Va giù duro la segretaria generale della Uil Molise Tecla Boccardo.
«Subiamo da anni un commissariamento fallimentare sia dal punto di vista economico che assistenziale. Tutto ciò affiancato da una minore spesa pubblica sanitaria nelle regioni del Sud Italia ha peggiorato le condizioni sanitarie e determinato un incremento della mobilità passiva e quindi del debito. Secondo gli ultimi dati di Agenas e le analisi Gimble i debiti ammontano a 82.970.138 milioni compensati grazie alla mobilità attiva realizzata dai centri privati accreditati che attirano il 90,6% di pazienti dalle altre Regioni, determinando un saldo positivo per il Molise di + 26.381.191 milioni. Innanzitutto – ribadisce Boccardo – andrebbe corretto il metodo di riparto regionale del Fondo sanitario nazionale per tenere conto dei maggiori bisogni di cura nei territori a più elevato disagio socio-economico come il Molise».
Secondo la leader del sindacato, non è più rinviabile una riorganizzazione strutturale del sistema sanitario regionale «che riduca davvero le inappropriatezze e migliori la risposta ai bisogni di salute, a tal proposito ribadiamo alcune proposte: innanzitutto è necessario un confronto con le parti sociali, dopodiché si deve realizzare un sistema sanitario a rete con un’unica porta di accesso, con una vera integrazione funzionale del sistema sanitario pubblica con il privato accreditato.
Inoltre, da subito, si deve dare attuazione al piano dell’emergenza urgenza per le patologie tempo dipendenti, rendendo immediata e accessibile la presa in carico dei pazienti anche da parte dei centri d’eccellenza molisani per la cura dei pazienti colpiti da ictus, infarto eccetera, evitando così, pericolosi tour in ambulanza presso i Pronto soccorso o destinazioni ospedaliere impreparate ad accogliere pazienti con tali patologie. Considerato che in questi casi, un minuto può essere fatale per la vita e per la qualità della vita futura del paziente, infatti, i costi aumentano enormemente in caso di invalidità post ictus. La mancata attuazione della rete territoriale dell’emergenza non rappresenta solo un problema di costi, ma di civiltà e di rispetto delle persone che sono i soli a pagarne le conseguenze spesso con gravi invalidità per le conseguenze a causa di una presa in carico non tempestiva!».
Andrebbero poi potenziate, aggiunge la segretaria della Uil Fpl Fernanda De Guglielmo, la medicina territoriale e l’assistenza domiciliare «per ridurre le inappropriatezze, e le liste d’attesa, attraverso la presa in carico dei malati sui territori, soprattutto per quei comuni dell’ entroterra penalizzati dalle lunghe distanze da percorrere per ricevere assistenza, oltre che eliminare dal contingente del personale infermieristico ed Oss tutti quei dipendenti che sono incardinati in ruoli amministrativi ma che continuano impropriamente ad essere considerati personale sanitario piuttosto che amministrativo».