La notizia arriva quasi per caso e corre sui social. È il consigliere regionale Massimiliano Scarabeo a rendere noto l’orientamento della maggioranza in merito ai lavori che, di qui a qualche settimana, interesseranno la tratta ferroviaria Campobasso-Venafro. L’ipotesi sulla quale ci sarebbe l’accordo di massima è quella di chiudere inizialmente la Venafro-Isernia che, come spiega lo stesso Scarabeo «subirà un’interruzione temporanea, molto presumibilmente, dal 1 aprile al 13 dicembre 2020 per i lavori di elettrificazione della rete che prevedono anche la sostituzione di binari e traverse. Lavori che avranno come obiettivo anche quello di riqualificare tutta l’area della stazione di Venafro». Il consigliere, annunciando comprensibili disagi per i pendolari, rimarca che comunque il servizio sarà garantito con mezzi sostitutivi che seguiranno gli stessi orari dei treni prevedendo solo cinque fermate. Finiti i lavori, a dicembre così come da cronoprogramma, sarà possibile quindi usufruire della tratta elettrificata da Isernia fino a Roma, abbattendo notevolemente i tempi. Una sorta di ‘lavori spezzatino’ quindi visto che poi si interverrà sulla restate parte della tratta, la Campobasso-Isernia ma, quantomeno, sarà possibile usufruire di treni finalmente moderni e più veloci dal capoluogo pentro fino alla capitale. L’assessore Niro rimarca che comunque entro domani dovrebbe ricevere ulteriori comunicazioni da Rfi utili ad assumere la decisione migliore (visto che i disagi ci saranno e non si tratterà di lavori di poche settimane). «Giovedì è già iin programma il confronto con tutti gli stakeholders ai quali comunicherò le proposte di Rfi. Ad ogni modo – spiega – questa ipotesi di chiudere la tratta in due distinti momenti ci consentirà di risparmiare un anno e mezzo di tempo permettendoci di poter riaprire l’intero tragitto entro la fine del 2021 anziché che alla fine del 2023». La comunicazione ai colleghi di centrodestra è avvenuta ieri, nel pomeriggio, a margine dei difficili lavori del consiglio regionale dedicati al piano sociale regionale 2020-2022. La seduta del fuoco amico sull’assessore Mazzuto. Dai banchi della maggioranza i consiglieri Di Lucente e Cefaratti hanno bocciato il suo operato. Prima la relazione della presidente Calenda, poi l’intervento di Mazzuto che ha tratteggiato gli obiettivi del piano, frutto di «concertazione, condivisione, compatibilità e trasversalità» annunciando anche una «stagione nuova perché questo governo ha ripianato quello che c’era pendente». Di diverso avviso le minoranze ma, soprattutto ed è questo che fa rumore, alcuni esponenti della stessa maggioranza di governo. Toni aspri, duri quelli che hanno segnato gli interventi dei due esponenti del centrodestra ai quali poi ha fatto anche eco quello della consigliera Aida Romagnuolo. «Un tutti contro tutti – il commento del gruppo consiliare pentastellato – che ha costretto Micone a sospendere e rinviare di due settimane il dibattito (che infatti è stato aggiornato al 17 marzo prossimo, ndr) su un argomento fondamentale per migliaia di cittadini. Un comportamento inconcepibile, un’offesa ai molisani. La Giunta è ferma perché è ostaggio di se stessa e della coalizione che l’appoggia». La capogruppo dem, Micaela Fanelli, che in aula non si è risparmiata denunciando le carenze del documento, ha sottolineato come «la Regione Molise abbia impegnato davvero pochi fondi, poche energie e poca voglia di migliorare il nuovo Piano sociale regionale che resta un documento poco innovativo, senz’anima e poco impattante sul territorio. Non solo le minoranze ma anche i diversi colleghi di maggioranza, delineando una vera Waterloo della giunta di centrodestra». Per l’opposizione 5 Stelle, nel Piano mancano la necessaria integrazione in tutti i settori, i riferimenti alla strategia nazionale delle aree interne, il collegamento con il piano dello sport, i riferimenti ai minori, l’integrazione socio sanitaria, mancano gli indicatori di verifica e gli obiettivi da raggiungere. Ma anche il metodo finisce nel tritacarne. «Un piano inviato per le valutazioni ad agosto scorso, un ritardo che ha impedito alla Commissione di entrare nel merito dei contenuti e di consultare gli ambiti sociali che avevano sollevato preoccupazioni. Inoltre sembra sparita nel nulla la gara da 50 milioni di euro per l’affidamento dei servizi di assistenza domiciliare integrata. Intanto i Comuni sono in attesa di attuare i programmi, gli affidamenti stanno scadendo e tanti molisani rischiano di restare senza i servizi territoriali minimi ma dovranno attendere ancora. Il tutto, a causa delle lotte interne alla maggioranza». Dal Pd, la Fanelli ha sottolineato l’abnegazione di tutti gli operatori coinvolti, grazie ai quali il sistema sociale molisano continua a reggere, e della struttura regionale che ha sempre svolto seriamente il proprio lavoro. «Il sociale è lo statuto fondativo del nostro stare insieme, eppure Toma e la sua Giunta lo considerano e lo relegano all’ultimo punto degli interessi della Regione. Un piano solo e non integrato, come l’assessore Mazzuto». E poi la carenza di risorse. «Solo un milione e 600mila euro a fronte dei 13,8 appostati ogni anno. Non stiamo investendo nulla ed è evidente». Mena Calenda bacchetta i colleghi di maggioranza. «Non mi aspettavo questa diatriba, oggi, contro Mazzuto. E io per prima ne ho chiesto la sfiducia. Il piano presenta delle criticità perché non ci sono i fondi. E per questo io mi aspetto che si possano davvero tagliare risorse a qualche assessorato – reclama sibillina -. È inaccettabile, presidente Toma: prenda atto di questa sua maggioranza che ogni giorno l’attacca. Non si può sacrificare oggi Mazzuto perché ci sono velleità nascoste di qualcuno che è presente in quest’aula».

red.pol.

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