Delusione, voglia di ripartire, dovere di ricaricare le batterie. Ma anche e soprattutto di non disperdere quell’entusiasmo rivisto nella finale di Coppa e contro l’Isernia. Il Campobasso è tornato al lavoro, anche perché domani è in programma l’andata dei quarti a Formia e l’obiettivo resta quello di provare a vincere sempre e comunque. Si tratterà della decima partita nel giro di 37 giorni: se non è record, poco ci manca. Alibi alla squadra? No, perché la prestazione di sabato col Campomarino non è concepibile per una capolista. Ma allo stesso tempo bisogna dire che si è notata una certa stanchezza, sia fisica sia mentale. E a questo punto la sosta potrebbe cadere a fagiolo. La società allo stesso tempo non ha preso molto bene le reazioni di alcuni tifosi: sui social si sono utilizzate, purtroppo come al solito, parole troppo esagerate mentre allo stadio si è chiesto a gran voce di dare di più. Ne abbiamo parlato con l’amministratore delegato e rappresentante a tutti gli effetti del Campobasso “americano”, Ivano Maselli.
Avvocato, cosa succede al Campobasso? Incidente di percorso o periodo di calo considerando anche le altre prestazioni non esaltanti?
«Al Campobasso non succede nulla. È una squadra che ha sbagliato e perso una partita, giocata male ma mentalmente si vedeva che la squadra era svuotata. Le occasioni le abbiamo anche costruite ma non do alibi ai giocatori che ora devono dimostrare che si è trattato di un semplice incidente di percorso. Siamo i primi ad essere arrabbiati».
A questo punto del campionato, dica la verità, si aspettava qualche punto in più sull’Isernia che invece non ha mai mollato?
«No. Mi aspettavo di essere a pari punti con l’Isernia. Non mi aspettavo di vincere lì, non mi aspettavo che avrebbe perso punti. Siamo nei programmi, l’obiettivo era di arrivare a giocarcela nello scontro diretto. Siamo avanti, non mi aspettavo il +5 che purtroppo è durato poco. Ora ci aspetta un rush finale intenso, il destino resta nelle nostre mani».
I mugugni ci sono stati: che vuole dire alla piazza?
«Alla piazza dico che non eravamo già in D. Parliamo di un progetto fatto di fretta, in cui si sta rispettando budget economico e altro. A proposito, le cifre che girano sono false. Si sta rispettando la tabella di marcia, stiamo sfidando una squadra che da tre anni cerca di salire e che è alle nostre spalle. La piazza può decidere liberamente se seguirci, ma senza farci pagare pene che non ci competono riguardanti la vecchia gestione. I tifosi devono sapere che lo stadio è stato preso perché fa parte del progetto ma lo stadio va riempito perché ha costi alti. La piazza deve sapere che se vuole che il Campobasso sia ai livelli che merita deve restare vicino alla squadra, non voltare le spalle alla prima difficoltà. Siamo fieri che i trecento che sono lo zoccolo duro sono al nostro fianco nel bene e nel male, dimostrando un attaccamento indiscutibile. Però ci sono altri che non vengono neanche allo stadio ed alla prima difficoltà hanno messo tutto in discussione, forse dobbiamo porci anche noi qualche domanda».
È pur vero che il Campobasso è tra virgolette obbligato a vincere in Eccellenza, è d’accordo?
«Il Campobasso è obbligato a vincere ma sappiamo anche che vincere non è mai facile. E sono obbligate a vincere anche altre squadre, su tutte l’Isernia che ci prova da tre anni e lo stesso Alto Casertano appena retrocesso dalla D. Tutte vogliamo vincere e spendiamo tutte più o meno la stessa cifra. Prendersi una contestazione da primi in classifica per una partita sbagliata dopo un tour de force incredibile non penso lo meriti la società, lo staff tecnico e la squadra. La strada è lunga. La sconfitta fa male, siamo arrabbiati, ma non possiamo buttare al vento sei mesi di sacrifici e di lotte, diventando disfattisti per una gara sbagliata. Abbiamo riportato il calcio a Campobasso che era scomparso di nuovo. Credo che su queste cose bisognerebbe capirsi meglio per dar vita a un percorso comune, da vivere fianco a fianco sia quando si vince sia quando si perde, al di là del campionato che si sta disputando».

Franco de Santis

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