Detenuti a scuola di sartoria dal maestro, capracottese doc, Sebastiano Di Rienzo, che all’età di 84 anni non perde occasione per tramandare le sue conoscenze nel collezionare abiti maschili. Questa volta i destinatari, come ormai accade da sei edizioni, sono stati 8 detenuti del carcere romano di Rebibbia che hanno realizzato 36 mise tra giacche, gilet, pantaloni e cappotti di seguito indossati e fatti sfilare nel mezzo dell’Area Verde dell’Istituto penitenziario, per il progetto “Made in Rebibbia”, portato avanti dal 2017 dall’Accademia Nazionale dei Sartori. La sfilata, presentata da Myriam Fecchi, si è svolta davanti a un pubblico composto dai direttori degli istituti penitenziari, da alcune autorità giudiziarie dai giornalisti e dalle famiglie dei reclusi. È il risultato di un anno di corso di alta sartoria maschile durato otto mesi, 650 ore, sotto la guida del maestro molisano, ex presidente dell’Accademia dei Sartori, che porta avanti il progetto sociale cominciato dall’ex presidente dei Sartori scomparso, Ilario Piscioneri. In prima fila, ad applaudire gli aspiranti sarti c’è Alessia Rampazzi, direttrice “reggente” del carcere, come lei stessa si definisce, perché in attesa di un nuovo direttore, funzionaria che ha reso possibile la realizzazione della sfilata. Nel parterre presenti anche Massimiliano Di Silvestre, presidente e ad di Bmw Italia Spa, l’Ad di Bmw Roma Salvatore Nicola Nanni (sponsor del progetto), l’assessore del Comune di Roma a Moda, Grandi eventi, Sport e Turismo, Alessandro Onorato. Alcuni ospiti salgono sul palco a consegnare i diplomi ai detenuti. I maestri che hanno fatto parte del progetto Made in Rebibbia-Ricuciamolo insieme sono stati Giuseppe Bertone e Franco Mariani, ai quali è subentrato Sebastiano Di Rienzo, direttore della scuola di cucito maschile dell’Accademia Nazionale dei Sartori e da settembre 2020 maestro del progetto. «Chi frequenta questa scuola esce prima dal carcere, diventa più umano, di conseguenza si comporta bene e può godere della liberazione anticipata. Impara cosa sono la bellezza e la raffinatezza, elementi che li modifica anche nella mente. Noi maestri siamo anche educatori di vita. Quando mi trovo da solo con un allievo, capita che si confidi con me», ha detto Di Rienzo.
Chi è il maestro sarto. Sebastiano Di Rienzo nasce a Capracotta, il paese dei sarti, nel 1940. Sin da ragazzo coltiva la passione per la moda e comincia a lavorare come apprendista presso il sarto più conosciuto del paese, Giovanni Borrelli. Giovanissimo arriva a Roma e dal 1957 al 1959 lavora alla sartoria di Angelo Piccioni; dal 1959 presta la sua opera presso l’atelier di Valentino e un anno dopo diventa tagliatore modellista della celebre casa di moda; vi opera fino al 1963. A soli 23 anni apre la propria sartoria a Roma ed allarga le proprie esperienze, frequentando corsi di figurinista e costumista. Dal 1963 al 1965 collabora con la rivista mensile “Tutto Motori”, per la quale cura una pagina su moda e costume, intitolata “Vestitevi così”. Sono di quel periodo gli abiti confezionati per diversi film con personaggi famosi ed i riconoscimenti a livello nazionale ed internazionale. Nel 1973 partecipa al suo primo Congresso Mondiale della Sartoria su misura a Londra; nel 1976 viene nominato membro dell’Accademia Nazionale dei Sartori. Nel giro di pochi anni ne diventa consigliere e docente; da allora partecipa a meetings internazionali della moda, nonché a Congressi Mondiali della Sartoria su misura (Londra, Roma, New York, Barcellona, Atene, Valencia, Parigi). Nei primi anni ‘80 una sua linea di Alta Moda pronta è venduta con il marchio “Coats Capra” oltre che sul mercato italiano anche su quello tedesco e al di là dei confini europei, in Kuwait ed in Giappone. Docente di modellistica presso l’Istituto Europeo di Design di Roma ha ricoperto la carica di Vice Presidente e di Presidente dell’Accademia Nazionale dei Sartori. Inoltre ha rivestito il ruolo di Segretario Generale della Federazione Mondiale dei Maestri Sarti, nonché incaricato per l’estero della stessa Accademia Nazionale dei Sartori.

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