Fuga dei cervelli: non è solo un banale titolo, ma una realtà. E i giovani, quelli molisani soprattutto, la toccano con mano quando finiscono il loro percorso di studi. Uno di loro, un giovane della provincia di Isernia, ha voluto descrivere cosa significa tutto questo per i ragazzi. Ecco il suo sfogo.

“So che quanto sto per scrivere non risolverà probabilmente la situazione,ma mi sento di dover comunicare la mia frustrazione e, al di là dei social network che sono senza dubbio un mezzo veloce per condividere i propri pensieri, ho bisogno che sia la stampa a diffondere quanto riporterò di seguito. La ragione che mi spinge a scrivervi nasce dall’esigenza di dare libero sfogo alle mie preoccupazioni. Innanzitutto vorrei presentarmi, mi chiamo Mario, ho 24 anni e sono un giovane studente neolaureato in Economia a pieni voti, ho concluso il mio quinquennio di studi universitari lo scorso dicembre e sono in cerca di occupazione. In questo mese e mezzo da “disoccupato” ho analizzato bene il mercato del lavoro e sono arrivato alla seguente conclusione: in Italia, l’università è diventata un parcheggio per studenti. Non esiste (se non in maniera sporadica e pagando fior di quattrini – per informazioni vedi le università private) un punto di raccordo, un anello di congiunzione tra il percorso di studi e l’immissione successiva ad un posto di lavoro. I giovani neolaureati sono abbandonati a se stessi, ma la cosa più sconfortante è dover pensare di migrare all’estero per cercare di poter realizzare i propri sogni. Pensavo che la fuga di cervelli fosse solo un banale titolo di un film ma, ad oggi, mi viene più facile credere che sia la nostra, triste realtà. Pur vivendo in epoche diverse, posso capire come si è sentito Napoleone quando è stato esiliato a Sant’Elena, un uomo strappato dalla sua terra natale e costretto vivere lontano dalla sua famiglia e noi, giovani neolaureati, ricalcheremo le sue orme, andando ad arricchire il capitale umano di chissà quale paese”.

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