Sette anni fa un movimento franoso interessava la parte nord del paese. Ed è proprio nell’anniversario di questo evento che il Comitato civico “Dissesto fronte Nord” torna sull’argomento per rimarcare che gli impegni assunti pubblicamente non sono stati mantenuti, per rettificare alcune notizie che non rispondono al vero e per scongiurare ritardi o criticità ai procedimenti di pubblica evidenza già avviati.
Partiamo dai disagi coi quali è costretta a convivere la popolazione e la cosiddetta “zona rossa” di Civitacampomarano interdetta da sette anni e che versa in condizioni di pericolo, con decine di abitazioni lesionate o crollate, inagibili, puntellate, evacuate, ma comunque soggette a tasse e tributi. I singoli proprietari – sia pure beneficiari di un primo contributo basato sul Decreto PCM 6/9/2018, nella misura di “circa il 26% del fabbisogno” – restano all’oscuro sugli sviluppi di sistemazione tecnico-funzionale dell’intera area nord-ovest del centro abitato (zona rossa) oltre che delle singole abitazioni sgomberate. Grazie alla fattiva sensibilità del sindaco Paolo Manuele, invece, sono in corso i lavori di un primo intervento di consolidamento e recupero del Municipio, nel cui complesso edilizio esistono interconnesse diverse unità abitative private già evacuate e oggetto del contributo (Decreti 2018), con palese difformità fra chi attinge a recupero edilizio e contributo pubblici e chi attende quantomeno informazioni sulla programmazione di recupero del rimanente patrimonio edilizio pubblico o privato che sia. Nessun riscontro, nonostante i proclami, degli impegni formali assunti dal governatore Toma, che è anche commissario delegato al dissesto di Civitacampomarano, in una pubblica assemblea e alla presenza del sindaco, delle autorità civili e militari, dei tecnici e della cittadinanza, «impegni formali di cui a tutt’oggi stentiamo a cogliere il seguito» sottolinea il Comitato. Che puntualizza anche in merito all’intervento commissariale per oltre 8 milioni di euro e – notizia data dalla Tgr il 28 febbraio – dell’avvio di un percorso di condivisione degli interventi necessari con la popolazione, «percorso di cui, la stessa Amministrazione comunale e noi in quanto Comitato richiedente del percorso stesso, siamo assolutamente ignari!»
Irrisolti e comunque sospesi alcuni aspetti fondamentali, fra cui:
– per pubblica asserzione dei tecnici incaricati del progetto (ancora allo stato larvale di “studio di fattibilità” ovvero “progetto preliminare”), la frana sarebbe “ferma” da anni e, pertanto sono ancora allo studio, le opere congruenti alla mitigazione di un rischio, a quanto pare, quiescente;
– risalta il ritardo sui tempi di monitoraggio e progettazione gestita dalla Struttura Commissariale che al punto 8) del Bando Invitalia CUP D74J18000100001 del 13.04.2021 prevedeva la consegna del “progetto esecutivo” entro 5 mesi dall’affidamento;
– cosa intendesse l’assessore Quintino Pallante quando, durante l’assemblea, ha posto ai tecnici l’inquietante quesito sulla presenza o meno di un acquedotto nella zona interessata dal dissesto;
– come si possa ad oggi 4 marzo 2023, a pochi mesi dalle prossime votazioni amministrative regionali, non solo perfezionare, ma finanche avviare e arricchire con la necessaria e declamata “partecipazione popolare” il cosiddetto percorso condiviso o Accordo di Programma che dir si voglia. «Nessuno più di chi legge, ma ci sia permesso, anche di chi scrive – chiude la nota del Comitato – , è al corrente di diverse ed altrettanto scottanti questioni assurte recentemente all’attenzione pubblica: la sanità regionale, i trasporti pubblici, la viabilità e persino i reintegri per via giudiziaria di alcuni consiglieri, ma ci sia quantomeno consentito mantenere aperta e forte la nostra denuncia democratica unita alla richiesta di dovuta attenzione degli organi preposti e della informazione».

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