Il gruppo Stellantis riesce a produrre più veicoli nel 2022 che nell’anno precedente, ma il dazio pagato per la carenza di microchip e componenti è stato comunque altissimo, oltre 200mila auto e furgoni. Stellantis Italy nel 2022. Tuttavia, le parti sociali e in particolare la Fim-Cisl, che ha realizzato lo studio divulgato ieri mattina in conferenza, sono preoccupati dagli effetti della transizione ecologica, allo stabilimento di Termoli, – avvitato nel contratto di solidarietà – come nel resto del Paese. Con un colpo di reni nell’ultimo trimestre, la produzione del 2022 è riuscita a mettere un piccolo segno positivo (+1,8%) rispetto al 2021. Nello specifico, tra autovetture e furgoni commerciali, sono state prodotte 685.753 unità, contro le 673.574 del 2021. Tutti gli stabilimenti di assemblaggio delle autovetture sono in positivo, portando la produzione di 479.753 ad una crescita del +17,4%, mentre quella di veicoli commerciali (Sevel) segna una pesante riduzione del -22,3% (da 265.000 del 2021 al 206.000 del 2022). I dati sono stati diffusi dalla Fim-Cisl. «Se invece rapportiamo i dati di produzione al periodo pre-covid e quindi al 2019, la situazione continua ad essere negativa con una perdita complessiva nei volumi del – 16,3% (auto + veicoli commerciali), con le autovetture a -8,7% e i veicoli commerciali a – 29,7%. La causa è in gran parte riconducibile allo stop nelle produzioni per la mancanza dei semiconduttori e di altri componenti, iniziata nel 2021 e che probabilmente condizionerà anche il 2023. Abbiamo calcolato che, nel 2022, la difficoltà nelle forniture di componenti ha determinato una perdita di circa 200.000 vetture rispetto alle potenzialità produttive degli ordini acquisiti (stop a 608 turni pari a circa 274 giorni di lavoro). Rispetto al 2021, il dato positivo nei plant dell’auto è stato determinato in gran parte dal lancio produttivo di nuovi modelli. L’entrata in produzione della Maserati Grecale e dell’Alfa Romeo Tonale sta dando una spinta alle produzioni di Cassino e Pomigliano D’Arco. Il Polo Produttivo di Torino ha mantenuto buoni livelli di produzione, in particolare grazie ai volumi della 500 bev e le produzioni del Plant di Modena grazie alla Maserati MC20. È stata interrotta la serie negativa che aveva caratterizzato gli ultimi quattro anni. Un dato certamente positivo, ma, se esaminiamo l’arco temporale 2017-2022, c’è ancora molto da lavorare per recuperare circa un terzo della produzione persa (da 1.035.454 a 685.753), la quale ha interessato nella stessa misura le autovetture e i veicoli commerciali. Perciò riteniamo importante che il Ministro Urso convochi subito il tavolo ministeriale “Stellantis”. Come sindacato dobbiamo verificare concretamente l’arrivo nel nostro paese dei nuovi investimenti previsti dal Piano “Dare Fowards”, necessari al lancio di nuove produzioni. È altrettanto urgente che il Governo affronti con determinazione il problema della difficoltà per il settore a reperire materie prime e semiconduttori e della conseguente necessità strategica di accorciare le catene di fornitura. Tema che il Governo dovrebbe porre con forza anche in ambito Europeo. La Fim-Cisl ha più volte denunciato la gravità di questa situazione, la quale indebolendo uno dei settori industriali più rilevanti, colpisce pesantemente il reddito dei lavoratori e riduce il bacino occupazionale del paese, determinando ripercussioni estremamente negative anche sull’indotto. Nello speech riservato alla Sevel, si evidenzia che con 206.000 veicoli commerciali leggeri è lo stabilimento con più volumi, ma è anche l’unico con un risultato negativo rispetto al 2021 (- 22,3%). La situazione dei fermi produttivi per i semiconduttori ha condizionato fortemente i risultati nel 2021 e nel 2022. Nel 2021 rispetto alle stime iniziali che vedevano un incremento dei turni, si son persi circa 40.000 furgoni. Nel 2022 per il problema dei semiconduttori si sono persi circa 116 turni di lavoro pari a circa 38 giorni lavorativi. Se aggiungiamo i sabati straordinari pianificati ma non fatti superiamo i 140 turni non fatti. Ad oggi, il problema dei semiconduttori rimane quello più grave, sia per azienda che per i lavoratori per via dell’uso maggiore degli ammortizzatori sociali. Ci sono ordini che si faticano ad evadere nei tempi pianificati. L’accordo con Toyota completato nel 2022, che si aggiunge all’avvio della produzione nell’ottobre 2021 dei veicoli commerciali di Opel e Vauxall, rappresenta un’ulteriore potenzialità per il futuro di Sevel. Nel Piano Stellantis, la costituzione di un’area specifica del business dei veicoli commerciali rappresenta un chiaro segnale di rafforzamento sia di investimenti che di volumi. Per la Fim-Cisl lo stabilimento di Sevel deve continuare a mantenere la leadership nei veicoli commerciali, pertanto continueremo a presidiare e verificare con attenzione gli equilibri interni al gruppo rispetto alle diverse produzioni, a protezione di quella italiana. Per noi è importante che lo stabilimento di Sevel sia dotato, come è appena avvenuto per lo stabilimento di Valenciennes-Hordain, di tutte le motorizzazioni sostenibili e quindi, oltre all’elettrico già in produzione, anche dell’idrogeno. Questo lo ribadiremo a Stellantis al tavolo ministeriale, dove chiederemo anche al Governo di sviluppare la rete di distribuzione dell’idrogeno, praticamente assente nel nostro Paese. Riteniamo inoltre necessario che Stellantis avvii con il sindacato, dai primi mesi del 2023, un percorso di stabilizzazione dei lavoratori a tempo indeterminato con una soluzione positiva per i somministrati ancora in forza in azienda e assuma l’impegno a recuperare in via prioritaria i somministrati a cui è stato interrotto il contratto negli ultimi due anni a seguito della mancanza di semiconduttori. • Il piano industriale del Gruppo Stellantis Sintesi del piano “Dare Foward 2030” presentato il 1° marzo 2022 Il piano “Dare Foward 2030” ha come obiettivo la strategia zero emissioni di carbonio entro il 2038. Con una riduzione del 50% entro il 2030: il 100% delle vendite in Europa e il 50% negli Stati Uniti, sarà costituito da veicoli elettrici a batteria (BEV), con più di 75 modelli (45 nel 2024), raggiungendo circa 5 milioni di veicoli BEV. Entro il 2025 l’investimento complessivo per l’elettrificazione sarà di 30 miliardi. Si sta procedendo all’aumento della capacità produttiva delle batterie da 140 GWh a 400 GWh, con 3 fabbriche in Europa (di cui 1 a Termoli) e 2 negli Usa. Dal 2022-2030 globalmente saranno complessivamente 100 i lanci di nuovi modelli, su n. 4 vehicle platforms (small, medium, large, frame) e n. 3 tech platforms. Il peso delle nuove auto dai segmenti dei veicoli premium e di lusso (Maserati, Alfa Romeo, Lancia e Ds) triplicherà entro 2030 (dal 4% al 11%), i ricavi aumenteranno di quattro volte e la redditività di 5 volte. Sarà rafforzata la leadership nel mercato dei veicoli commerciali, potenziandola con nuovi lanci e offerte elettriche e ad idrogeno. Gli Investimenti e le spese in R&D saranno pari all’8% dei ricavi. • Il Governo Italiano convochi il tavolo Stellantis per la verifica del piano industriale Il Piano “Dare Foward 2030” viene adattato in funzione del contesto e dei cambiamenti che possono influenzare le strategie nel settore. Questo significa che le decisioni vengono prese “step by step”. Nella verifica che stiamo sollecitando nel mese di gennaio 2023, dobbiamo ottenere per ogni realtà una prospettiva industriale e occupazionale. Nei mesi scorsi presso la VM di Cento, abbiamo concluso positivamente con un accordo una difficile vertenza occupazionale determinata dallo stop alle produzioni dei motori diesel. Abbiamo evitato i licenziamenti, costruito soluzioni d’incentivazione volontarie e di uscita anticipata pensionistica, ricollocazioni in altri ambiti lavorativi e soprattutto mantenuto un presidio industriale sui motori industriali e marini, che deve essere rafforzato con altre iniziative industriali. Per noi l’impegno assunto dal Ceo di Stellantis di “non chiudere gli stabilimenti, ma di trasformarli tecnologicamente”, deve essere perseguito sempre e deve essere accompagnato da soluzioni concrete. Quando questo avviene, abbiamo dato un giudizio positivo come è avvenuto per le due iniziative industriali nel comprensorio di Mirafiori: il nuovo cambio ibrido dal 2024 e l’altra sull’economia circolare. Siamo e saremo invece indisponibili se si determineranno operazioni volte a penalizzare/ridimensionare ulteriormente il patrimonio industriale e occupazionale di Stellantis in Italia. L’incontro di verifica sull’attuazione del piano, che avremo a gennaio con il gruppo Stellantis e il Governo Italiano, deve ottenere stati di avanzamento concreti e positivi su tutti gli aspetti necessari a mettere in sicurezza gli stabilimenti, gli enti e l’occupazione: dalle localizzazioni delle future piattaforme e delle nuove produzioni, al ruolo assegnato all’Italia nei vari ambiti a partire dalla ricerca e sviluppo, al rilancio dei vari marchi prodotti in Italia, oltre alla possibilità di produrre vetture di altri marchi del gruppo nel nostro Paese, oltre alla verifica degli investimenti relativamente alla componentistica relativa alle motorizzazioni elettrica e idrogeno, alla digitalizzazione, alla connettività e alla guida autonoma. Dovremo inoltre approfondire gli aspetti di dettaglio sull’investimento relativo alla gigafactory di Termoli a partire dalle implicazioni di carattere industriale, occupazionale e professionale. Come sarà indispensabile porre al centro del confronto le scelte industriali per la transizione degli stabilimenti collegati alle motorizzazioni e più esposti alla transizione verso l’elettrico, come quelli che producono motori, cambi e basamenti (ad esempio Teksid). Infine è importante che il futuro Governo verifichi e ottenga garanzie precise con Stellantis circa le strategie del gruppo verso le aziende dell’indotto del nostro Paese. • Il Tavolo del settore automotive: il Ministro Urso rispetti l’impegno di convocare il sindacato. Al Tavolo convocato dal Ministro Urso il 5 dicembre le organizzazioni sindacali non sono state invitate a partecipare. Alle nostre critiche il Ministro ha risposto che convocherà in tempi brevi anche le organizzazioni sindacali per il Tavolo del settore. Non bisogna perdere tempo, la situazione di criticità e di forte trasformazione che sta attraversando il settore automotive nel suo complesso e le ripercussioni negative che gravano sull’indotto, emergono in tutta la loro drammaticità dalle numerose situazioni di crisi. La carenza di semiconduttori e la conseguente dissaturazione degli impianti, le problematiche relative ai costi collegati all’energia e alle materie prime, aggiungono ulteriori difficoltà alle aziende del settore. Mancano interventi specifici per rafforzare gli ammortizzatori sociali, la formazione professionale, necessari per governare la transizione e il cambiamento delle competenze professionali dei lavoratori verso l’elettrico, l’idrogeno, la digitalizzazione, la connettività e la guida autonoma. Il Fondo specifico del settore sta solo finanziando gli incentivi alla domanda (acquisto di auto sostenibili) indispensabili per incentivare l’acquisto di veicoli con un costo superiore del 50%, (650 milioni per tre anni a partire dal 2022), ma come Fim l’abbiamo ribadito più volte, che non devono sottrarre risorse per la reindustrializzazione, indispensabile per evitare l’impatto negativo di oltre 75.000 lavoratori nel comparto auto a seguito del cambio delle motorizzazioni. Il Fondo stanziato era di circa 8 miliardi in 8 anni, utilizzato per poco più di 1 miliardo solo per incentivare l’acquisto delle auto. Le risorse devono essere utilizzate per favorire la reindustrializzazione e compensare con nuove attività le perdite occupazionali causate dal cambio delle motorizzazioni. Bisogna accorciare la catena di fornitura, portando nel nostro Paese le produzioni di tutta la componentistica che rappresenterà l’auto del futuro: dai semiconduttori, dalle batterie, ai componenti necessari per la motorizzazione elettrica, per la guida autonoma, per la digitalizzazione e la connettività. Il Governo deve essere consapevole che senza un piano per la transizione industriale attivabile immediatamente, il rischio licenziamento e desertificazione industriale diventa certezza».

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