Probabilmente il 27 agosto del 1999 ci fu un’esplosione nel casolare di Roccamandolfi dove i carabinieri di Cantalupo nel Sannio ritrovarono il corpo carbonizzato del trentenne Alessio Masella. Questo è il dato che verrebbe fuori dalla perizia effettuata dal comandante dei Vigili del fuoco di Pesaro, consulente scelto dal Gip del Tribunale di Isernia per dare una risposta agli interrogativi che riguardano il caso. Nel mese di maggio il consulente si è recato presso il casolare ed ha effettuato una serie di rilievi. Quindi il 30 luglio scorso ha depositato la relazione della perizia. Sessantadue pagine nelle quali si ricostruisce quello che potrebbe essere accaduto tredici anni fa. Dalla perizia emergerebbe che non ci fu un incendio, come sostenuto dagli avvocati della parte civile, ma un’esplosione innescata accidentalmente. Una tesi accolta con grande soddisfazione dall’avvocato Gianluca Giammateo, difensore di Antonio Pinelli, cugino di Masella e unico indagato per una vicenda che ancora non riesce a trovare risposte convincenti. L’esplosione farebbe in parte saltare la tesi dell’accusa e della parte civile, rappresentata dall’avvocato Carlo Moscato, che con grande determinazione è riuscito a far riaprire il processo con un deciso intervento sulla Procura generale di Campobasso, dopo che Pinelli fu assolto in primo grado dal Tribunale di Isernia dall’accusa di omicidio e incendio colposi. Nel ricorso per appellare la sentenza la Procura Generale ipotizzò, invece, un reato molto più grave: l’omicidio volontario. Uno scontro tra Procure che ha caratterizzato in modo clamoroso l’intera vicenda giudiziaria. Comunque, dopo essere approdato in Appello il processo è stato sospeso. Successivamente la Cassazione ha stabilito che bisognava ripartire da zero e che Pinelli andava nuovamente processato per le ipotesi di reato di omicidio volontario, incendio doloso e omissione di soccorso, in subordine per “la morte derivante da altro reato”. Nel processo si confrontano due posizioni molto chiare. La parte civile e l’accusa sostengono che Masella fu ucciso dal cugino Antonio Pinelli, il quale poi ne avrebbe bruciato il corpo utilizzando una tanica di benzina per fare scomparire ogni traccia. La difesa, invece, sostiene che Masella è morto in seguito ad un incidente generato dal fuoco innescato casualmente dalla benzina attraverso un accendino. La tesi del perito del Gip in qualche misura si avvicina a quella della difesa, anche se la parte civile potrebbe sostenere che l’esplosione sia stata conseguente all’incendio innescato da Pinelli per bruciare il corpo del cugino. Va detto che nella relazione il perito del Gip ha richiamato anche le valutazioni fatte dal medico legale in merito al colpo al cranio riscontrato sul corpo Masella che risulterebbe successivo al decesso. Inoltre, sempre secondo la relazione del perito del Gip, non è possibile fornire un dato preciso circa il punto esatto in cui fu ritrovato il cadavere. A proposito dell’esplosione emergerebbe che fu innescata accidentalmente e improvvisamente, come si evincerebbe dalla posizione del cadavere e dalla relazione del medico legale, secondo la quale nell’esofago di Masella vi errano tracce di fumo. Dunque, dalle taniche di benzina trasportate il giorno prima dal proprietario del casolare, potrebbe essere uscito casualmente una parte del liquido infiammabile e l’accendino utilizzato per fare luce potrebbe avere innescato l’incendio che non avrebbe lasciato scampo a Masella. Su questa linea si attesta la difesa di Pinelli che ora potrà utilizzare anche la relazione del consulente del Gip per rafforzare la propria tesi. Ovviamente la partita processuale è ancora tutta aperta. Conterà molto il confronto tecnico tra i periti di parte e il consulente scelto dal giudice. La prossima udienza del processo si terrà il 4 ottobre.

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