Egregio direttore e spettabile redazione,
Nel formulare a voi tutti gli auguri di un Natale di gioia e di speranza, desidero soffermarmi un po’ sul fenomeno “sardine”. Non voglio dargli quella che credo sia una sovraesposizione mediatica, tuttavia non posso esimermi dal fare alcune riflessioni.
Mi sono trovato per caso a Bologna nel giorno in cui hanno organizzato quella che credo sia stata la loro prima manifestazione. Ascoltando i presenti, vedendo come si muovevano e ragionavano, udendo non poche parole di volgare disprezzo verso quello che è stato il motore della loro manifestazione, l’ex Ministro dell’Interno, sono arrivato ad una conclusione, sposando le parole di una nota dottoressa e scrittrice di libri fantasy piemontese: “Nelle dittature è il gruppo, il Partito, il Reich, a essere l’unità di misura, e l’individuo ne è solo un frammento, anonimo, sostituibile, sacrificabile come una sardina in un banco di sardine, e come una sardina in un banco di sardine non ha vita propria, non si assume la responsabilità di nulla, ha una libertà di movimento ridotta ad alcuni millimetri, una libertà di pensiero ridotta a un punto”. Ho avuto proprio quella impressione dopo le ore trascorse con loro, per tentare di capire e non per puntare il dito. Sono rimasto deluso e stupito, credevo di trovare dell’altro. Poi ho pensato a tutti quei casi – più d’uno, ahimè – in cui nel nostro Paese si sono costituiti movimenti non con proposte alternative a qualcuno, ma semplicemente contro questo qualcuno, e ho constatato come questo intento così riduttivo li abbia fatti sgonfiare progressivamente. Quando ho sentito parlare il loro principale organizzatore che, candidamente, dopo qualche parolaccia (in questo caso, bisogna credere che sia ancora acerbo e non conosca le buone maniere?), afferma di “non essere preparato” al programma, ho deciso di farmi una risata, perché non c’era altro di meglio da fare.

La convinzione di fondo che mi sono fatto è che una certa parte dell’Italia, che fino all’altro ieri votava in un certo modo e che non si è sentita più rappresentata, ha deciso di dare battaglia a chi certi principi li sta mettendo in campo per il bene del Paese, come Patria, Dio, Famiglia, Identità. Un certo mondo, che ha fatto del modernismo il suo vessillo ed intende mettere sotto silenzio chi si oppone ad una tale visione della realtà, si è sentito solleticato in malo modo quando i sopra citati concetti sono stati rispolverati, e allora ha deciso di scendere in piazza. Se poi pensiamo che non pochi di loro amano filosofeggiare sui temi dell’integrazione e dell’accoglienza, ma che sono i primi a costituirsi in comitati civici laddove gruppi di non italiani mettono a soqquadro interi quartieri (io ne conosco più d’uno), allora non possiamo fare altro che sorridere, come ho fatto io in Piazza Maggiore.
Jean Jacques Rousseau nel suo “Contratto sociale” diceva: “Ci sarà sempre una grande differenza tra il sottomettere una moltitudine e il governare una società”. Riflettiamoci.
Distinti saluti
Adolfo Mangiapane

3 Commenti

  1. Augusto De Benedetti scrive:

    Le sardine sono l’inconsistenza fatta movimento, il radical chic che si veste da finto straccione ma che ha altezzosita’ e disprezzo per l’altro, il finto democratico che non intavola nessun dialogo, ma che vomita offese verbali contro quello che ritiene il nemico da combattere, non importa con quali mezzi.

  2. Maria Rita Belloi scrive:

    I sardoni hanno già toppato: foto in compagnia di Benetton e Oliviero Toscani. Ma il buco più grande è nella loro mancanza di proposte. Con l’odio verso le persone e la ricerca di un capro espiatorio si maschera semplicemente la propria inconsistenza. Che tristezza vedere italiani in piazza per elogiare il nulla e non farlo per il lavoro che manca! Siamo un popolo da psicoanalizzare.

  3. Annamaria Tersiani scrive:

    Non si può fondare un movimento sulla pura idiosincrasia nei confronti di qualcuno. Dopo il fumo uno vuol vedere l’arrosto, e non è questo il caso.

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