Sì al nuovo corso targato Enrico Letta. Carlo Veneziale è uno degli 860 delegati che ieri, con un pronunciamento plebiscitario, hanno eletto al vertice del Partito democratico l’ex premier, anche se «le dimissioni di Zingaretti – dice – mi hanno lasciato perplesso». L’ex assessore regionale della giunta Frattura pensava che «reggesse il botto», malgrado malumori e correnti che nel partito ci sono sempre stati. Per questo definisce «inaspettate» le dimissioni del presidente della Regione Lazio. Ma sull’entrate in scena di Letta non ha dubbi: in questo momento rappresenta la soluzione migliore, un profilo che rimette in gioco la leadership nella coalizione e apre in maniera concreta l’ipotesi di una ricongiunzione tra Pd e Leu.
Il partito è andato sul sicuro, o per meglio dire sull’usato sicuro. Diciamo che il coraggio di osare è mancato anche stavolta.
«La soluzione Letta è la migliore possibile in questo momento. Si poteva puntare alla riconferma di Zingaretti, un gioco antico con dinamiche di partito ormai abbandonate, oppure trovare una soluzione di transizione come fu allora con Epifani, ma con mezza Italia al voto alle prossime amministrative non era possibile far gestire il partito da un reggente. L’elezione di Letta invece è una soluzione di fine mandato che, seppur non garantisce il successo di gestione, almeno mantiene la barra dritta».
La prima uscita nel circolo di Testaccio. Immagine evocativa e momento mediatico che raccontano l’inizio di una nuova ripartenza. Verrebbe però da dire ‘fin qui nulla di nuovo’, anzi.
«La pandemia non aiuta la discussione in questi luoghi. È vero anche che non basta dire ‘ripartiamo dai circoli’. Il presupposto perché questa frase abbia contezza nella sua declinazione pratica è che Letta riesca a ricreare tra i militanti entusiasmo e partecipazione alla vita politica. Ma le condizioni ci sono perché questo avvenga»
Nel discorso che segna il ritorno al Nazareno dopo otto anni di lontananza, Letta cita Prodi, Papa Francesco, don Mazzolari e ringrazia semplicemente Conte. S’intuisce che da oggi non ci sarà alcun rapporto di sudditanza rispetto al movimento.
«In una ipotetica alleanza con i 5 stelle Conte era l’eventuale punta di caduta. Oggi invece Letta a Conte giocano lo stesso campionato. L’elemento importante di novità è questo: tutti e due hanno lo stesso profilo e possono essere entrambi leader della coalizione. La partita dunque si è riaperta in una alleanza strategica e non tattica tra Pd e 5s».
Discorso che vale anche per Molise dove il Pd appare piuttosto schiacciato dal movimento?
«È innegabile che i 5 stelle sono più bravi a farsi vedere, usano meglio di noi i mezzi di comunicazione. Credo però che dal punto di vista degli atti e della concretezza non ci sia alcuna distanza, anzi».
Un Ulivo 2.0 e la fine della diaspora con Leu. Possiamo considerare il nuovo segretario l’uomo della provvidenza?
«Sono convinto che con l’ingresso di Letta si aprirà in maniera concreta l’ipotesi di un ricongiungimento tra Pd e Leu. Bisogna vedere chi chiamerà a stare dentro il perimetro della coalizione e che ruolo darà al Pd. Ha già anticipato che chiamerà tutti, da Renzi ai 5 stelle che, non dimentichiamolo, hanno avuto una mutazione pazzesca sia da un punto di vista della proposta politica che dell’organizzazione interna. Possiamo dire il Pd da oggi torna a giocare un ruola da protagonista in un partita che vuole e può vincere».
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