Tullio Farina, capogruppo di “Trivento che vorrei”, critica l’amministrazione comunale per come è stata consegnata la cittadinanza onoraria all’ex vescovo Domenico Angelo Scotti. Diversamente da quanto previsto dal regolamento, questa è l’accusa al sindaco, la pergamena è stata consegnata al vescovo in forma privata invece che in una cerimonia ufficiale in Consiglio comunale.
«Il regolamento comunale per la concessione delle cittadinanze onorarie a cittadini che si sono particolarmente distinti – afferma il consigliere comunale – prevede regole ben precise. In modo particolare nell’articolo 3, comma 3, prevede che la consegna della pergamena di onorificenza venga effettuata dal sindaco o suo delegato nel corso di una cerimonia ufficiale da tenersi presso la sede consiliare o altro luogo appositamente individuato. Addirittura il successivo articolo 4 prevede che il Comune in occasione di particolari ricorrenze o cerimonie ufficiali possa invitare anche altri cittadini onorari che avranno diritto a prendere posto tra le autorità. Tutto questo perché la concessione di una cittadinanza onoraria non è una cosa di poco conto o un regalino personale che il sindaco fa al soggetto interessato, ma è il più alto tributo d’onore che un Comune possa conferire come riconoscimento ufficiale di una collettività intera rappresentata, dalle varie forze politiche presenti in Consiglio comunale. La motivazione del riconoscimento è frutto del giudizio di un’intera assemblea elettiva e non di un cabina di regia esterna, che si sente realizzata solo se muove i burattini come Mangiafuoco. Ma ormai è noto a tutti che il Consiglio comunale di Trivento vive all’ombra del signore rinascimentale che dispensa onori e glorie a proprio piacimento. Anche la figura del delegato del sindaco vive dentro il cono di ombra, dal momento che fino ad oggi, quasi alla fine dello spirare del quarto anno di consiliatura, in nessuna cerimonia ufficiale ha avuto l’occasione di indossare la fascia tricolore, contrariamente a quanto avvenuto nella precedente amministrazione, quando in più di qualche occasione il delegato ha fatto bella mostra di sé indossando la fascia tricolore. Orbene, fatta questa doverosa premessa vengo ai fatti. Il giorno 5 settembre ricevevo da un consigliere comunale, non so in quale veste, il seguente messaggino telefonico “Ciao prof, domani pomeriggio 6 settembre alle ore 17 andiamo dal vescovo Scotti per i saluti. Sei invitato ad essere presente”. Al giorno ed ora stabiliti mi sono recato nel palazzo vescovile dove con mia grande sorpresa ho dovuto constatare che l’incontro non era per i saluti ma per la consegna della pergamena. Ed infatti c’era il sindaco con una busta rossa in mano, contenente il quadro della pergamena della concessione della cittadinanza onoraria, oggetto peraltro anche di polemiche, come se fosse uscito da un negozio, dopo aver comprato un regalo. Non ha portato con sé neanche la fascia tricolore, esibita invece in occasioni culinarie più frivole e tirata fuori dalla tasca a mo’ di tovagliolo. Non ho detto niente per rispetto della persona del vescovo e del luogo, limitandomi ad offrire a monsignor Scotti, come dono personale, consono per l’incontro, un libro e un disegno di Piazza Cattedrale, ma nel contempo non nascondo che sono rimasto sconcertato per la facilità con la quale il sindaco calpesta i regolamenti e il Consiglio comunale nella sua interezza. Non può una procedura di riconoscimento della cittadinanza onoraria essere svilita a una visita di piacere e di cortesia che alcuni fanno ad una persona prima della sua partenza. La cittadinanza onoraria non è certo un regalo privato, come quello fatto da me, ma riveste una importanza di grande rilievo per una pubblica amministrazione, ha tutta una procedura particolare di conferimento, tanto che esiste anche un albo onorario delle cittadinanze onorarie. Prendo atto che il sindaco di Trivento utilizza le concessioni delle cittadinanze onorarie a suo piacimento e discrezione; con John Linch ha esautorato completamente il Consiglio comunale, delegando i preparativi del rituale della cerimonia, avvenuta in una pubblica piazza, ad un’associazione; con monsignor Scotti ha preferito dare la cittadinanza onoraria non in una sede laica, ma nel palazzo vescovile, presentandosi con il cestello in mano, alla stregua di cappuccetto rosso che porta la focaccia alla nonna. Penso che mai, e in nessuna parte del mondo, una cittadinanza onoraria sia stata conferita in un modo così sottotono e incolore alla presenza di poche persone, quando addirittura solo il Consiglio comunale è composto da 12 consiglieri più il sindaco con l’aggiunta di due assessori esterni. È pur vero che monsignor Scotti è una persona discreta, umile e riservata, ma queste sono caratteristiche della sua personalità, se pur belle ed apprezzabili, non possono sconvolgere e calpestare i regolamenti comunali. Così come sono andate le cose, se non ci fossero state le polemiche sul provvedimento moltissimi non avrebbero neanche saputo della concessione della cittadinanza onoraria. Ma questo al sindaco di Trivento poco importa, a lui interessa che possa dire, come un piccolo Re Sole, ma sbiadito e scolorito: “Il Comune sono io”. Per l’ennesima volta, lo si ribadisce, ha fatto strame della Assemblea elettiva e dei regolamenti comunali. E aspetto ancor più grave è il fatto che nella delibera consiliare numero 43 del 24 luglio 2017 di concessione della cittadinanza si legge testualmente: “Di consegnare la pergamena nel corso di una cerimonia ufficiale”. Non so se questo mancato rispetto di una direttiva consiliare – conclude Farina – sia legittimo o meno».

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