La convocazione dell’unità di crisi sulla Gam gli è appena arrivata. Naturale partire da qui. La riunione al Mise è stata chiesta con urgenza sabato mattina dal governatore Donato Toma per sbloccare l’impasse sul rinnovo del contratto di fitto di ramo d’azienda fra Gam e Solagrital. Senza, saltano agli altri 12 mesi di cassa integrazione che sembravano già in cassaforte.
Antonio Federico, deputato 5s, ha sollecitato attraverso l’ufficio di gabinetto del ministro Di Maio affinché l’incontro venisse fissato il prima possibile: oggi alle 18.30 si cercherà di capire perché l’Autorità di vigilanza non ha autorizzato il liquidatore della Solagrital ad aderire alla proposta di rinnovo giunta dall’amministratore di Gam.
Onorevole, sembrava una partita chiusa. Invece, è stato come andare in svantaggio a pochi minuti dal fischio dell’arbitro: 262 persone rischiano di restare senza copertura dall’oggi al domani.
«È evidente che ognuno deve fare la sua parte. Arriviamo a questo punto perché tra la gestione liquidatoria di Solagrital e l’amministrazione di Gam c’è stata, se così posso dire, cattiva comunicazione, nel senso che Gam sta chiedendo da mesi una modifica contrattuale anche per chiudere il percorso di exit strategy, e solo negli ultimi giorni il liquidatore di Solagrital ha chiesto l’autorizzazione al Mise. Dall’Autorità di vigilanza a quel punto è giunto il diniego. È importante che domani (oggi, ndr) si comprendano le esigenze di tutti, Gam e Solagrital, e si risolva».
Lei non ha avuto la sensazione che, con l’occasione, siano entrate in ballo altre pendenze di questa lunghissima e complicata vertenza?
«In questo momento sono concentrato sulla ricerca di una soluzione. Non è utile che emergano contrapposizioni adesso. Poi faremo le analisi del caso. Intanto, però, bisogna arrivare pronti e con le carte in regola – quindi con il contratto di fitto prorogato – all’esame congiunto programmato al ministero del Lavoro il 15 novembre. Altrimenti salta tutto».
Come forza di governo e delegazione parlamentare siete sotto attacco per la sanità. Manca da sei mesi il commissario e della nomina, onorevole, di fatto non c’è ancora traccia. Ammetterà che la situazione si è fatta insostenibile.
«Il commissario è fondamentale per sciogliere nodi che sono rimasti irrisolti dalla gestione Frattura. Mi riferisco a quelli riguardanti la rete ospedaliera, quella dell’emergenza e il rapporto coi privati. Vanno sciolti nella nuova programmazione che deve partire dall’anno prossimo. È chiaro che prima arriva il commissario e prima ci si mette a lavorare su. Noi per questo puntiamo alla nomina di una persona che non abbia nulla a che vedere col nostro territorio e non si faccia trascinare in diatribe localistiche».
Un ‘ragioniere’ che viene qui e tira la linea dei conti: il rischio c’è…
«No. Si può gestire la sanità applicando la logica degli standard di qualità e non quella dei numeri. Questa possibilità ce l’abbiamo per le emergenze, per la rete ospedaliera, la diagnostica. L’obiettivo di tutti deve essere di garantire l’accesso gratuito alle cure».
Il governatore ha alzato il tiro: segnalerà la situazione derivante dalla mancata nomina alle autorità competenti. L’assessore Cavaliere si era detto pronto ad andare in procura.
«Toma faccia quello che ritiene giusto, è il presidente della Regione. Posso capirlo. Ad agosto siamo andati da lui per una mediazione, chiedendogli di scegliere insieme il commissario. Lui ha risposto: no, devo essere io. E ha mosso mari e monti, ha coinvolto la Conferenza delle Regioni che ha perorato la sua causa dichiarando che il presidente della Regione deve essere il commissario, contraddicendosi rispetto a quando, nel 2004, aveva plaudito all’incompatibilità sancita dal Patto per la Salute».
Magari Toma alzando il tiro vuole accelerare i tempi.
«Quel che può accelerare le cose è la norma…».
Per questo avete inserito l’incompatibilità nel decreto Semplificazione. Ma dov’è il decreto?
«È al vaglio del Quirinale come gli altri provvedimenti collegati alla legge di Bilancio. Mi aspetto in pochi giorni la pubblicazione in Gazzetta».
Secondo altre indiscrezioni, lo scontro fra i ministri Grillo e Tria riguarderebbe il commissario della Calabria e lo stallo su quella nomina bloccherebbe anche quella del Molise.
«A me questo non risulta».
Ma il nome esiste o no?
«Da quel che mi ha riferito il ministro Grillo i nomi ci sono. Dopo il ragionamento sui profili, è al ministro che tocca l’indicazione».
Che sia la norma o il prescelto per la Calabria, converrà che è ora di sbrogliare la matassa.
«La matassa si deve sbrogliare. Non è semplice, anche perché non è coinvolto solo il Molise ma anche per esempio la Campania e il Lazio. Immaginare che tutto ruoti attorno alla nomina di Toma è riduttivo. Le leggi e i governi decidono per principi e linee generali, non per antipatia. Altrimenti già a luglio avremmo messo Toma fuori dai giochi».
Troveremo la nomina del commissario della sanità almeno sotto l’albero di Natale?
«Io mi auguro prima. Vorrei arrivasse già col vino di San Martino (l’11 novembre, ndr)…».
Nei sondaggi il Movimento sconta un calo vero, non un’oscillazione da ‘zero virgola’. Pesano i ripensamenti rispetto alla linea della campagna elettorale, come nel caso del Tap?
«Stiamo parlando di valutazioni fatte quando si aveva un altro ruolo. Diciamo che dobbiamo capire che significa essere forza di governo. Io non posso parlare per Di Maio o Di Battista. Parlo di me: anche in campagna elettorale ho sempre detto cose che avrei potuto sostenere anche se fossi andato al governo. È necessario un percorso di attenzione e rigore. Io l’ho applicato su me stesso e l’ho anche pagato. Esempio: Frattura chiude un ospedale. Io mi chiedo perché prima di fare proposte. Quando sono andato in giro nei paesi, per dire, io non ho mai detto che avremmo aperto un Policlinico ad Agnone!».
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