Nella mia vita ho sempre fatto l’imprenditore e da imprenditore ho attraversato insieme al Molise e all’Italia periodi esaltanti o al contrario di grande difficoltà. Da imprenditore, che oggi è anche sindaco di un piccolo Comune, non posso quindi nascondere la mia grande preoccupazione. Il Covid rappresenta tuttora un elemento devastante per la nostra economia oltre che un nemico pericolosissimo per la salute di tutti.
Per fronteggiare questa emergenza servono strumenti straordinari, che il governo nazionale insieme agli altri Stati dell’Ue sta approntando, ma c’è bisogno anche di rimboccarsi le maniche e progettare interventi che possano ridare slancio al sistema produttivo nazionale e regionale. Penso all’occasione del Recovery Fund, che tanto faticosamente le istituzioni europee hanno costruito. Guardo alla situazione della mia e nostra terra, a cui dedico passione ed energia pur lavorando fuori da anni. Temo che il Molise possa farsi trovare impreparato, ho paura che non riesca a salire su questo treno – che rischia di essere l’ultimo a passare per lunghi anni – e che ciò possa compromettere la sua capacità di ripartire e dare un futuro alle giovani generazioni, i nostri figli e nipoti.
Credo che in questo campo occorra coraggio e condivisione: ragioniamo di cosa fare, di cosa si può realizzare con le risorse in arrivo da Bruxelles e di come ognuno può contribuire a centrare l’obiettivo. Senza distinzioni di colori, partiti e gruppetti. Oppure, oltre ad aver sprecato l’ultima occasione, avremo la colpa di aver chiuso il Molise con le nostre mani.
Ci aspettano settimane e mesi difficili. A metà settembre riapriranno le scuole. Ad oggi, da sindaco, non ho certezze sugli spazi utilizzabili, sui fondi a disposizione per ristrutturare gli edifici, acquistare il materiale necessario a garantire lezioni in presenza e in sicurezza. Non credo che il caso di Montaquila sia isolato, sono convinto che i colleghi degli altri comuni molisani e di tutta l’Italia si trovino nella stessa condizione. Ma non è lasciando il cerino in mano agli amministratori che si risolvono le cose. Ancora una volta, quindi, ci vuole uno sforzo corale, di tutti, governo nazionale e regionale, se vogliamo assicurare che il 14 settembre i genitori possano affidare tranquillamente i propri figli all’istituzione scolastica. Il suono della campanella è dietro l’angolo e lo scaricabarile non assolverà nessuno.
Dall’altro lato, non possiamo dimenticare che la guerra al virus non è affatto finita. Viaggiando molto per lavoro, mi accorgo che si sono allentati i controlli sui treni, che all’ingresso di molti posti non viene più misurata la temperatura, vedo le immagini di spiagge affollate con troppa gente spensierata e accalcata, come se nulla fosse. Capisco la voglia di normalità, anche le attività di intrattenimento sono state riaperte. Ma nessuno ci ha mai detto che non si deve più mantenere la distanza o non si devono osservare più le misure anti contagio, indossare la mascherina e igienizzare spesso le mani, per esempio. Al contrario: c’è bisogno di grande senso di responsabilità. Non si tratta di grossi sacrifici, solo di accortezze che ci salvano la salute e molto probabilmente la vita, il lavoro e il futuro.
Chi mi conosce sa che non ho mai indossato casacche politiche. Per me il rosso, come il giallo, l’azzurro o il verde hanno tutti lo stesso valore. Un buon amministratore è quello che non guarda alle scadenze elettorali ma quello che pensa al futuro dei bambini, dei ragazzi.
Da un po’ di anni la politica è mossa da odio, rancore, litigiosità. Vendette. Di questo passo e con questi presupposti non andremo da nessuna parte. E piccoli territori come il nostro straordinario Molise saranno i primi a pagare le conseguenze di una gestione fallimentare che certamente arriva da lontano, ma che la nostra generazione sta contribuendo ad alimentare.
Chi mi conosce sa pure che amo poco apparire. Il mio mondo è fatto di cantieri, polvere, escavatori, gente che lavora, che realizza cose, che produce per il Paese. Ho fatto uno strappo alle “mie” regole perché me lo chiede con forza la mia coscienza.
Per quanto spesso è la cosa migliore, talvolta tacere ti rende complice del declino.
Mi rivolgo a tutti, indistintamente: ognuno per quanto di sua competenza, anche nei piccoli gesti quotidiani, uniamo le forze e cambiamo il destino di questa nazione. I nostri nonni hanno ricostruito e ci hanno lasciato in eredità un grande Paese. Lo dobbiamo a loro e lo dobbiamo ai nostri ragazzi.
Io non mi arrendo, nella convinzione che dalle ceneri di una disgrazia immane come la pandemia si può rinascere e vincere ogni sfida. Pure quelle più difficili.
Viva il Molise, viva l’Italia. Sempre!
Marciano Ricci

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