Da oltremanica arrivano preoccupanti aggiornamenti relativi al nuovo ceppo inglese del Covid. Recenti studi provenienti dal Nervtag, New and Emerging Respiratory Virus Threats Advisory Group, organo britannico ‘cugino’ del Comitato tecnico scientifico italiano, hanno confermato la maggiore letalità della variante inglese del Covid-19. Oltre ad un maggiore grado di diffusione, fino al 50% in più rispetto alla forma precedente del virus, dunque, la mutazione proveniente dall’Inghilterra aumenterebbe il rischio di ospedalizzazione e di morte, nei cittadini che la contraggono, che va dal 40 al 60%.
Il Corriere della Sera fa il punto e spiega che in Gran Bretagna i casi ascrivibili alla variante inglese rappresentano ormai oltre il 90% dei positivi, in Francia la prevalenza è del 20-25%, mentre in Germania si supera il 20%. In Italia, invece, la prima indagine di Iss e Ministero ha riportato una percentuale del 17,8%, ma in alcune zone la prevalenza della mutazione virologica è di oltre il 50%.
Secondo il Centro europeo per la prevenzione ed il controllo delle malattie, l’Ecdc, «a causa delle varianti del virus il rischio associato ad un ulteriore diffusione del Covid nell’Ue è attualmente valutato come alto-molto alto per la popolazione complessiva e molto alto per gli individui vulnerabili. I Paesi dovrebbero accelerare le campagne vaccinali, poiché le varianti hanno maggiore trasmissibilità e potrebbero determinare una maggiore gravità della malattia. Inoltre i vaccini con licenza esistenti potrebbero essere solo parzialmente, o in gran parte, meno efficaci».
Sulla stessa linea il parere del Comitato tecnico scientifico.
«L’incidenza dell’epidemia risulta nuovamente in crescita, con un impatto sostenuto sui sistemi sanitari. L’incremento dell’incidenza dovuta alle varianti potrebbe prefigurare scenari con un nuovo rapido aumento diffuso nel numero di casi nelle prossime settimane. Dunque per contenere e rallentare la diffusione delle varianti del Covid, in analogia con le strategie adottate negli altri Paesi europei, sono necessari una rigorosa osservanza, un rafforzamento e un incremento delle misure di mitigazione del rischio, sia in ambito nazionale che in specifici ambiti locali».
Nel frattempo, a livello nazionale, la soluzione di un lockdown generalizzato, di tre o quattro settimane per cercare di contenere ed abbassare la curva dei contagi, proposta dal consigliere del ministro Speranza, Walter Ricciardi, ha animato il dibattito interno alla comunità scientifica. Della stessa idea il virologo Andrea Crisanti e Massimo Galli, direttore di malattie infettive al Sacco di Milano. «Le nuove varianti portano sicuramente più infezioni e più problemi – ha sottolineato Galli al Corriere della Sera – Purtroppo la conclusione non può che essere la soluzione paventata dal professor Ricciardi. Il sistema della divisione dell’Italia a colori – ha aggiunto – non sta funzionando. E la prova è nei fatti». Numerosi però sono anche gli esperti schierati contro una chiusura generalizzata. Tra questi vi è Matteo Bassetti, direttore della clinica malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, secondo cui «se c’è bisogno di mettere un’area in zona rossa va fatto rapidamente, ma evitiamo di continuare a parlare di lockdown nazionale perché c’è qualcuno che è diventato un disco rotto. I numeri dicono che abbiamo il 5% dei positivi, le ospedalizzazioni sono calate e la situazione non è di emergenza. Se c’è aumento dei casi e dei ricoveri – ha concluso Bassetti – si dovrà intervenire a livello locale con le chiusure».
A livello regionale, continua a preoccupare la situazione in cui versa basso Molise, che conta ben 28 comuni in zona rossa a causa del boom di contagi riscontrati nelle ultime settimane. Positività che sono si sono poi confermate appartenenti alla variante inglese del Covid, come dimostrato dal sequenziamento che l’Istituto Zooprofilattico di Abruzzo e Molise ha effettuato su 150 tamponi inviati dal Cardarelli. La ‘Voc’ è stata identificata, fra gli altri casi, a Termoli, Campomarino e San Martino in Pensilis. Ma pure a Campobasso, Cercemaggiore, San Polo e Venafro .

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