Lunedì pomeriggio, in occasione della Santa Messa per la festa di San Pio, la chiesa di Santa Maria dei Rivoli era stracolma di persone, tantissime erano rimaste fuori sul sagrato. C’era grande attesa di sapere cosa era stato deciso nell’incontro che il parroco don Giovanni di Vito aveva avuto nella tarda mattinata, circa il suo trasferimento a Campobasso presso la parrocchia di San Giuseppe artigiano. Durante tutto il giorno si erano succeduti messaggi sui social circa il fatto che il parroco dei Santi Erasmo e Martino, nella sua omelia, avrebbe reso noto l’esito dell’incontro che aveva avuto con il suo superiore presso la curia. «Ho fatto un po’ tardi stamattina perché ho dovuto recuperare il sonno perso nelle notti scorse, quando invece di dormire, i miei pensieri si prendevano a calci tra di loro – le parole, pesate, con le quali ha iniziato la sua omelia don Giovanni, estremamente commosso, con gli occhi lucidi -. Poi sono stato chiamato dal vescovo, sono andato a Campobasso ed abbiamo parlato per molto tempo. Mi ha chiesto l’obbedienza! Oggi è la festa di San Pio, il Santo dell’obbedienza. Certamente il vescovo comprende la problematica che sta vivendo Bojano oggi, ma ascolta anche il grido di tante altre realtà in tutta la diocesi. Io posso ben comprendere come egli venga bombardato da tante richieste. Oggi mi ha detto che è necessario per tutti noi che io vada a Campobasso in quella parrocchia (San Giuseppe artigiano, ndr), che è la più grande della diocesi. Gli ho detto che lui sa che devo obbedire, e io obbedisco, non potrei fare altrimenti, perché altrimenti le mie prediche non hanno senso, la mia vita non ha senso. Però ha aperto un piccolo spazio nella vita: non sarà subito. Starò qui ancora fino alla fine di maggio, inizi di giugno, e poi avrò un periodo estivo libero per accompagnare il nuovo parroco nella vita della parrocchia, perché ci sia continuità. Già questo è un grande sollievo, perché io voglio andare in Paradiso, e non ci posso andare da solo. Stamattina dicevo al vescovo che il desiderio più grande che porto nel cuore è di andare in Paradiso e trovarlo affollato. Ci dobbiamo arrivare tutti quanti insieme…». Mentre don Giovanni pronunciava queste parole, dalla sua voce trapelava una forte emozione. «Stamattina ho chiesto perdono al vescovo non appena sono stato ricevuto: io ti chiedo perdono, perché mi sono arrabbiato, non compreso, ho usato toni sbagliati anche io. Però oggi sono più tranquillo, più sereno, ho chiesto perdono, gli ho detto: lei è arrabbiato, io sono arrabbiato, un popolo è arrabbiato. E adesso cosa dobbiamo fare? Dobbiamo chiuderci nelle nostre arrabbiature? No, dobbiamo riconciliarci, dobbiamo fare pace. Allora il 13 ottobre, quando riapriremo la chiesa di Sant’Erasmo dopo i lavori di ristrutturazione, sarà proprio lui a riaprirla…». A queste parole di riconciliazione di don Giovanni, in chiesa subito si è alzato chiaramente un mormorio di dissenso generale, abbastanza palese, contro monsignor Bregantini che, per tantissimi fedeli, ormai non è più il benvenuto nella comunità bojanese. La vicenda di don Giovanni per molti bojanesi ha riaperto una vecchia ferita che risale all’ottobre del 1927, quando la diocesi di Bojano fu trasferita da monsignor Romita a Campobasso, con la spoliazione dell’antica cattedrale, proseguita poi con le vendite di alcuni immobili di valore il cui ricavato è stato utilizzato altrove e non certamente per ristrutturare e riaprire alcune chiese storiche della città, come Santa Maria del Parco e San Michele. Nonostante gli appelli di don Giovanni all’amore, alla pace e alla concordia, ai suoi voti di obbedienza e alla sua missione pastorale laddove il vescovo ordina, la comunità bojanese è rimasta fortemente addolorata dalla decisione del vescovo di trasferirlo, anche se non immediatamente, soprattutto in un momento particolarmente delicato come quello che sta attraversando Bojano dal punto di vista socio-economico.

Ermes

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