Il meccanismo alla base del terremoto di magnitudo 4.6 avvenuto in Molise alle 23,52 della notte scorsa, è simile a quello che ha generato il sisma di magnitudo di 6.0 del 2002, vicino al comune di San Giuliano di Puglia.
Lo ha detto all’Ansa Claudio Chiarabba, direttore del Dipartimento terremoti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). «Il terremoto ha avuto origine nella zona di passaggio tra la catena appenninica e la zona adriatica, a una profondità di 23 chilometri. È proprio questa maggiore profondità – dice Chiarabba – che ha permesso alla scossa di propagarsi in un’area abbastanza vasta». Il sisma è stato infatti avvertito anche in Puglia, Campania, Abruzzo e Lazio. Il terremoto della notte scorsa è stato di tipo trascorrente, «si tratta cioè dello scivolamento orizzontale tra due blocchi», spiega il ricercatore. La prima scossa, con epicentro a Montagano, a quasi 10 chilometri da Campobasso, è stata seguita da repliche di magnitudo compresa fra 2.0 e 2.6. La più recente, di magnitudo 2.4, è stata registrata ieri mattina alle ore 06,54, sempre con epicentro a Montagano. «Si tratta di un comportamento normale, ma è troppo presto per capire quanto rapidamente diminuirà il fenomeno», ha osservato Chiarabba. Il terremoto era stato preceduto nei giorni scorsi da scosse più piccole, localizzate tra i comuni di Sant’Elia a Pianisi e Ripabattoni (sempre in provincia di Campobasso), che non hanno superato magnitudo 3.1. Nella giornata di martedì, ad esempio, erano stati registrati tre eventi di questo tipo: due a Sant’Elia a Pianisi, avvenuti alle 00,23 e alle 02,20 rispettivamente con magnitudo 2.1 e 3.1, e uno alle 03,55 a Ripabattoni, con magnitudo 2.0.
Secondo il geologo di Geosilsab dell’Unimol, Eugenio Auciello, l’evento di martedì potrebbe essere strettamente collegato al terremoto di San Giuliano di Puglia: «Si è rotto un pezzo della faglia a ovest della seconda scossa che si ebbe il 1° novembre 2002», ha dichiarato al Corriere della Sera. «Oltre a non poter escludere ulteriori scosse, anche più forti, si ritiene che questo possa essere uno scenario più probabile rispetto a quanto precedentemente valutato». Osservazioni, precisa l’esperto, «che non costituiscono una previsione e non vogliono infondere allarmismo, ma vogliono fornire una descrizione oggettiva dell’attività in corso e delle possibili evoluzioni».

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