L’ IPOTESI INQUINAMENTO NELLA PIANA
E LO SFORAMENTO DEL CADMIO
Il primo procedimento a carico di ignoti viene avviato nel 2019 per le ipotesi di inquinamento e violazione della normativa in tema di tutela ambientale nella piana di Venafro. Procedimento di cui era titolare il procuratore Albano che aveva disposto una consulenza tecnica al fine di accertare la sussistenza di tali ipotesi di reato. Ed è proprio in quella relazione che si evidenziava la necessità di procedere ad un ulteriore approfondimento investigativo con riguardo in particolare, all’inquinamento delle acque di falda e dei suoli. Con il procuratore Fucci nasce un fascicolo autonomo: l’ingegnere Boeri viene incaricato di procedere ad una verifica in ordine alla sussistenza di una eventuale contaminazione di diverse matrici ambientali e in particolare delle acque di falda e dei suoli. Nel marzo 2020, la consulenza tecnica evidenzia gli accertamenti tecnici e rimarca che dai risultati delle analisi chimiche condotte sui terreni emergono una serie di superamenti delle soglie di contaminazione per siti ad uso verde pubblico e residenziale mentre, in nessun caso, i parametri ricercati superano i limiti stabiliti per le aree a destinazione d’uso industriale o commerciale. Su 11 campioni prelevati, 9 evidenziano non conformità con riguardo ai metalli cadmio, selenio, berillio e tallio. Emerge che non vi è alcuna contaminazione dei terreni superficiali e quindi ‘da trasporto eolico’ dovuta a diossine, furani e PCB simil diossina e che si rileva una diffusa presenza di metalli in concentrazione superiore alle soglie di contaminazione nei campioni prelevati nella parte nord della piana di Venafro.
Superamenti registrati in tutti campioni di terreni superficiali prelevati nei comuni di Venafro e Pozzilli anche se, con riferimento a due campioni specifici, considerati il valore registrato e il limite di legge, possono considerarsi un hot spot riconducibile verosimilmente alla combustione avvenuta nelle vicinanze. Proprio per la diffusa presenza di superamenti delle soglie di contaminazione, verificate nei terreni superficiali in aree ad uso verde pubblico, privato e residenziale, lo stesso consulente ritiene necessario effettuare analisi maggiormente approfondite per verificare se tali concentrazioni siano riconducibili alla deposizione di percolato derivante da trasporto eolico, o se invece se siano valori di fondo naturale dei terreni. Altri prelievi di terreno, questa volta non superficiale ma a profondità compresa tra i -10 e i -50 centimetri nelle zone che avevano evidenziato i superamenti. Le ulteriori analisi fanno emergere che le concentrazioni registrate nei terreni subsuperficiali risultano pressoché identiche o di poco inferiori a quelle rilevate nei top soil (terreni superficiali) con la conseguenza che, a giudizio del consulente, i valori registrati siano da ricondurre ai valori di fondo naturale delle aree esaminate. Il cadmio risulta praticamente assente in tutti i campioni di terreno subsuperficiale, con la conseguenza che le concentrazioni sono da ricondursi a contaminazione diffusa da perticoluto aereo, analogamente per il selenio. Per quanto riguarda l’analisi delle acque, su 11 campioni esaminati, tre hanno evidenziato superamenti della soglia di contaminazione per idrocarburi totali (1 campione) e nitriti (2 campioni). Ma il consulente osserva che, tenuto conto del numero dei campioni esaminati e della ubicazione dei singoli superamenti, la qualità delle acque del comune di Venafro sia da considerarsi sostanzialmente buona. In merito alle possibili sorgenti di contaminazione, dall’analisi della tipologia di attività che insistono sul territorio dei comuni di Venafro, Sesto Campano e Pozzilli, non emergono impianti con caratteristiche tali da poter produrre una contaminazione diffusa di metalli. La contaminazione, quindi, può ricondursi alle attività pregresse, come quella specificatamente svolta dalla Fonderghisa, dichiarata fallita nell’anno 2005, e che si occupava sin dagli anni 70 di produzione di ghisa. Le caratteristiche della contaminazione, il processo produttivo e l’ubicazione dello stabilimento sono compatibili con l’ubicazione dei punti di campionamento che evidenziano le criticità ambientali. Nel settembre 2020, una nuova perizia per effettuare, sulle aree dello stabilimento ex Fonderghisa di Pozzilli e nelle aree di pertinenza, altri campionamenti e analisi del terreno superficiale, dei materiali e dei rifiuti eventualmente rinvenuti come le polveri depositate sulle pavimentazioni e sui macchinari. Accertamento esteso anche ad un altro stabilimento, la ex Rer, situato nella zona industriale di Pozzilli, a poca distanza dalla Fonderghisa: in quello stabilimento venivano utilizzati e lavorati prodotti e materie prime contenenti metalli, poi la dismissione con una situazione di totale abbandono del sito, con la presenza di rifiuti speciali. La relazione dei consulenti è datata 17 maggio 2021: nessuno dei campioni rilevati aveva evidenziato per l’arsenico il superamento della soglia di contaminazione. Lo stesso per il berillio. Quattro i superamenti per il cadmio, rinvenuti anche varie tipologie di rifiuti potenzialmente in grado di produrre tali contaminazioni sia nell’area ex Fonderghisa (1), sia nell’area Rer (4). I consulenti evidenziano che possano aver contribuito, in passato, soprattutto durante la fase di movimentazione, alla contaminazione dei terreni superficiali circostanti. Si palesano anche il cobalto e selenio: individuati due campioni di rifiuti prelevati presso la Rer potenzialmente in grado di contaminare attraverso il trasporto eolico. Nessun residuo di tallio. Per quanto attiene, quindi, alla contaminazione diffusa di cadmio, selenio e cobalto registrata nei top soil analizzati, si accerta che a alcuni materiali e rifiuti rinvenuti nello stabilimento Rer e per quanto concerne il cadmio anche nello stabilimento Fonderghisa, hanno caratteristiche tali da poter essere stati quantomeno in passato la sorgente di tale contaminazione. Tuttavia, alla luce dei risultati ottenuti sui top soil prelevati nelle aree limitrofe ai due impianti che non hanno mostrato analoghe criticità a quelle rilevate in campioni prelevati a maggior distanza, si può affermare che tale contaminazione non sia stata causata dal mero trasporto eolico. Tuttavia, non è nemmeno possibile escludere il nesso di causalità tra la contaminazione del top soil e l’attività dei due stabilimenti in essere oltre 10 anni prima. Nonostante sia emersa una situazione di inquinamento per cadmio e selenio nella piana di Venafro, non si è riusciti con certezza a risalire alla sorgente della contaminazione. Non intravedendo altri sviluppi investigativi, è stata presentata al Gip la richiesta di archiviazione.
HERAMBIENTE E COLACEM
In questo procedimento, avviato sempre nel 2019, si indaga su fatti di inquinamento e violazione della normativa in tema di tutela ambientale nella piana di Venafro dopo una serie di esposti di cittadini e enti che lamentavano irregolarità e violazioni di legge con riferimento alle emissioni in atmosfera da parte di stabilimento Herambiente e Colacem. Ai due consulenti nominati dalla Procura si chiede di procedere ad un accertamento tecnico irripetibile per verificare se le emissioni di fumi prodotte attraverso gli impianti rispettino i valori stabiliti dalle norme relative alle emissioni industriali e se i risultati siano conformi ai valori trasmessi dalle stesse aziende alle autorità di controllo, si chiede di verificare le caratteristiche dei fumi e se queste rispettino i valori stabiliti dalle leggi. Non solo: ove necessario, i consulenti della Procura avrebbero dovuto accertare se gli apparati per conseguire i valori delle emissioni conformi agli standard di legge siano passibili di manomissioni. Ai consulenti anche il compito di eseguire campionamenti dei terreni superficiali nelle aree interne e vicine agli stabilimenti per verificare la presenza di microinquinanti, accertamenti analitici sulle acque di falda e la verifica delle caratteristiche dei rifiuti in ingresso nell’ultimo triennio.
All’esito delle indagini, per quanto attiene le emissioni in atmosfera della Colacem, nessun parametro risulta eccedere rispetto ai valori limite dell’Aia. Rispetto alle acque sotterranee, nessuna anomalia. Il terreno superficiale campionato in quattro punti fa emergere superamenti dei limiti di legge per berillio, cadmio e arsenico ma in nessun campione sono state rinvenute concentrazioni significative di microinquinanti organici e diossine connessi alle emissioni da processi di combustione. Secondo il consulente, l’anomala concentrazione di rame e cadmio in un campione di terreno, sarebbe da ricondursi all’utilizzo di funghicidi e fertilizzanti nei terreni dove sono stati effettuati i prelievi che sono effettivamente adibiti ad oliveto. Nessun rilievo sulla gestione dei rifiuti.
Per quanto attiene lo stabilimento Herambiente, emerge che le emissioni monitorate rispettano i valori limite previsti dall’Aia. Relativamente ai cinque campioni di top soil, emergono concentrazioni di berillio, selenio e tallio superiori alla soglia di contaminazione per i siti di verde pubblico privato e residenziale. Il consulente tecnico precisa che solo il tallio è tra le sostanze che possono essere determinate dalle emissioni del camino del termovalorizzatore e la concentrazione risulta essere tre ordini di grandezza inferiore ai limiti di legge.
Si ritiene quindi che in base agli accertamenti condotti non si evidenzi un nesso causale tra le concentrazioni di tallio, berillio e selenio sui siti ad uso verde pubblico, privato o residenziale e la gestione dell’impianto. Concentrazioni che potrebbero ricondursi a valori di fondo naturale dei terreni o a sorgenti di contaminazione pregressi al 2017, periodo precedente alle attività di monitoraggio condotta da Herambiente. Relativamente all’analisi delle acque sotterranee, si sono evidenziate concentrazioni elevate di manganese, difficilmente spiegabili. Ma ad avviso del consulente, soprattutto se non accompagnate da altre sostanze inquinanti non sono riconducibili a cicli produttivi come quelli che interessano lo stabilimento. Nessuna anomalia nemmeno rispetto alle analisi sulle emissioni.
L’ARPA FINISCE SOTTO INCHIESTA
Relativamente al trasferimento dei dati relativi alle emissioni, oggetto di specifica consulenza, si accerta che i sistemi informatici di entrambe le aziende – Herambiente e Colacem- non adottano quelle misure minime di sicurezza in grado di proteggere i dati da possibili manomissioni e minacce che ne possono pregiudicare l’autenticità, l’integrità e la riservatezza. Altra circostanza messa in luce dal consulente tecnico e che rende impossibile accertare scientificamente se i dati abbiano subito o meno manipolazioni, il fatto che l’Arpa Molise nulla eccepisce in merito al manuale di gestione del sistema di monitoraggio delle emissioni comunicando di non essere in possesso di personale qualificato per la verifica dello stesso. Altro profilo messo in luce è che l’Aia prevede che tutti i rapporti debbano essere trasmessi su supporto informatico e il gestore ha l’obbligo di conservare tutti i dati del monitoraggio e controllo per almeno 10 anni, adempimento che non è stato osservato.
Rileva il procuratore Fucci: «si è in presenza sicuramente di violazioni dell’Aia che tuttavia non hanno rilevanza penale salvo il caso in cui l’inosservanza delle prescrizioni sia costituita da violazioni del valore limite di emissione rilevata durante i controlli previsti”». Viene presentata richiesta di archiviazione riguardo ai responsabili dei due stabilimenti ma si dispone la formazione di un nuovo fascicolo con riferimento al parere favorevole rilasciato dall’Arpa al manuale di gestione dei due stabilimenti pur non avendone le competenze e pur essendo lo stesso privo di qualsiasi garanzia di immodificabilità del dato.
Nasce un nuovo procedimento, il 175/2021, che trae origine delle risultanze della consulenza tecnica che segnalava fatti di possibile rilievo penale a carico dei dipendenti Arpa in termini di omissione di adempimenti necessari al fine di prevenire e impedire condotte di inquinamento da parte degli stabilimenti oggetto di indagine. E cioè la Colacem e la Herambiente.
Come detto, per entrambi gli stabilimenti non era stato possibile accertare la conformità dei valori di emissione agli standard di legge o a quelli indicati negli atti autorizzatori, in quanto, per come era stato realizzato il sistema informatico, eventuali alterazioni dei dati grezzi non potevano essere scientificamente individuate, né era possibile risalire a potenziali autori e cause di malfunzionamento del sistema. Altra circostanza messa in luce dal consulente tecnico, che rende impossibile accertare scientificamente se i dati abbiano o meno subito delle manipolazioni, è data dal fatto che l’Arpa Molise nulla ha eccepito in merito al manuale di gestione del sistema di monitoraggio delle emissioni comunicando di non essere in possesso di personale qualificato per la verifica dello stesso. L’Arpa si sarebbe dovuta avvalere delle disposizioni dell’art. 37 del regolamento dell’Agenzia e, quindi, ricorrere ad un esperto esterno per ottenere osservazioni e valutazioni relative a1 software di gestione.
Il 10 marzo 2021 i1 pm delega il Noe di Campobasso di accertare la condotta tenuta da personale dell’Arpa, gli adempimenti cui il personale stesso era tenuto ad ottemperare nella verifica della correttezza dei procedimenti di autocontrollo attivati da Colacem e da Herambiente identificando anche chi doveva provvedere ad effettuare tali adempimenti. Le segnalazioni del consulente tecnico vengono puntualmente riscontrate dal Noe e quindi ad alcuni dipendenti dell’Arpa viene notificato un avviso di conclusioni indagini per abuso d’ufficio per aver espresso i pareri, in assenza di nomina di consulenti esterni (non avendo le professionalità interne per poterlo fare) e per aver violato l’art. 5 della 1egge 38 del 1999 al fine di far conseguire un ingiusto profitto ai due stabilimenti Herambiente e Colacem. Le indagini sono concluse.
PRIMO PIANO MOLISE SEGNALA LA SCHIUMA NEL RAVA, ALTRO PROCEDIMENTO
Il procedimento trae origine dall’articolo comparso su questa testata il 2 settembre 2020 relativamente alla presenza di schiuma nel torrente Rava. La procura chiede al Noe e ai forestali di Venafro di svolgere opportune indagini per individuare la fonte di inquinamento e le sostanze inquinanti. I ripetuti sopralluoghi non consentono di notare fonti o presenza di schiuma ma, riguardo all’episodio denunciato da Primo Piano Molise, la Herambiente (gestore dell’impianto di depurazione e trattamento dei rifiuti liquidi che riversa le acque di scarico nel canale Ravicone che confluisce nel Rava) invia una nota segnalando che proprio il 2 settembre 2020 si era registrato un anomalo scarico di acque, pervenuto all’impianto di depurazione attraverso la rete fognaria, contenente valori elevati di tensioattivi. Il giorno successivo, però, i forestali monitorano sia il collettore di scarico che il corso d’acqua senza rilevare anomalie. Per effettuare un monitoraggio sul corso d’acqua, viene attivato un coordinamento investigativo con l’aeronautica militare. Non emergono scarichi annomali. La Procura conferisce un incarico ad un consulente tecnico per verificare il corretto funzionamento del depuratore del nucleo industriale di Isernia e Venafro. E alla fine della consulenza si avvia un procedimento penale circa la gestione di tale impianto di depurazione ubicato nella zona industriale di Pozzilli, di proprietà del Consorzio industriale, che effettua le emissioni relative ad altra linea fanghi senza aver richiesto e ottenuto la necessaria autorizzazione. Emergono una serie di problematiche nella conduzione e nella gestione del depuratore che possono incidere sul processo depurativo sia con riguardo alla linea liquami che con riguardo alla linea fanghi con conseguente rischio di compromissione dell’ambiente: si rileva quindi la necessità di rivedere anche l’Aia che avrebbe dovuto prevedere delle prescrizioni più restrittive in considerazione della natura dello scarico del depuratore e, in particolare, del fatto che il canale Ravicone, nel quale scarica il depuratore, è alimentato quasi esclusivamente dallo scarico del depuratore e dalle acque meteoriche e che pertanto, si presenta secco nella gran parte dell’anno.
► I PROCEDIMENTI PENALI
Tra il 2020 e 2022, dopo le indagini con i carabinieri della Forestale e della Compagnia di Venafro e dopo le consulenze tecniche, la Procura ha esercitato l’azione penale per reati in materia ambientale con inquinamento di terreni e corsi d’acqua per la gestione – dal 2017 al 2020 – dell’impianto di depurazione e trattamento dei rifiuti liquidi pericolosi e non ubicato nella zona industriale di Pozzilli, di proprietà del Consorzio per lo sviluppo Industriale di Isernia e Venafro; per l’attività dello stabilimento dell’Unilever di Pozzilli; per l’attività dello stabilimento Isopam Industries di Pozzilli, stabilimento posto anche sotto sequestro con la nomina di un custode che consenta la prosecuzione dell’attività produttiva e la messa a norma dello stabilimento, per l’attuale gestione dei rifiuti pericolosi rinvenuti nell’area dell’ex Fonderghisa, per l’omessa comunicazione all’autorità competente, da parte dello stabilimento Herambiente di Pozzilli, dell’inquinamento da manganese rilevato nel piezometro a valle dell’impianto per la successiva attivazione della procedura di disinquinamento.

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