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Firma del giudice e timbri dell’ufficio giudiziario identici agli originali. In tutto e per tutto. Peccato che la sentenza favorevole al ricorrente si sia scoperta essere “taroccata”… L’avvocato di Venafro – volutamente non specificheremo il genere – sembra esserci ricascato. Questa volta la vittima sarebbe un uomo del Venafrano. Sentenze false, copiate ed incollate nella prima parte e letteralmente inventate nel dispositivo finale. Un sistema apparentemente collaudato, che però ancora una volta è stato svelato dal cliente, o meglio sarebbe dire ex, del professionista venafrano. Il guaio, in questo caso, è che però oltre al danno si è aggiunta la beffa per il povero ignaro cittadino che si era affidato all’avvocato “tarocco”. Infatti, il Tribunale di Isernia ha praticamente dato ragione al professionista, assolvendolo sia dall’accusa di “Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici” che da quella di “Falsità materiale commessa dal privato”, entrambi reati previsti dal Codice penale, che dall’accusa di infedele patrocinio. L’ex cliente, appresa la notizia della sentenza emessa dal Tribunale di Isernia ha immediatamente preparato gli atti per il ricorso per Cassazione. Nella sentenza, malgrado la richiesta del pubblico ministero di comminare una condanna a 1 anno e 4 mesi (tenuto conto del rito abbreviato ma anche del “vincolo della continuazione”), il giudice pentro ha sì certificato la falsità dell’atto mostrato al cliente dell’avvocato venafrano ma ha disposto l’assoluzione per l’imputato in un caso perché il fatto non sussiste e nell’altro con la formula dubitativa del “perché il fatto non costituisce reato”.
Una beffa, insomma, per l’uomo che aveva chiesto giustizia dopo essere stato danneggiato dalla finta sentenza. I dubbi sono sorti quando il cliente non vedeva assegnarsi il risarcimento chiesto al Giudice di Pace di Venafro che, grazie al patrocinio dell’avvocato poi imputato presso il Tribunale di Isernia, gli era stato assegnato a seguito di un incidente stradale occorso nel 2007. I soldi non arrivavano, così l’uomo si è informato direttamente presso la compagnia di assicurazione che avrebbe dovuto liquidargli il risarcimento. La compagnia, però, ha fatto presente che la sentenza era stata sfavorevole per il richiedente. Malgrado lo stupore iniziale e pensando ad un malinteso, l’uomo si è così rivolto nuovamente al suo avvocato di fiducia (!) il quale ha rassicurato più volte il cliente, fino a consegnarli – dietro pressanti richieste – la (presunta) sentenza del Giudice di Pace. Tutto risolto? Macché, al contrario: il documento si è infatti rivelato un clamoroso falso. Appreso dell’incredibile misfatto, si è così rivolto ad un altro legale proponendo denuncia alla Procura della Repubblica. Nei giorni scorsi si è appreso della sentenza che, beffa oltre al danno, ha visto uscire vincitore il professionista che durante il processo svolto con il rito abbreviato è stato sostanzialmente scagionato dalle accuse. In sostanza, quindi, il giudice ha certificato che la sentenza era un falso ma ha dovuto assolvere l’imputato poiché il suo comportamento non configurava i reati ascrittigli e contestati dal pubblico ministero con la motivazione che “l’imputato non avrebbe alterato alcuna copia autentica di atto pubblico ma solo una copia del tutto informale di una sentenza”. In altre parole, il povero malcapitato – sicuramente non un esperto giurista – avrebbe dovuto accorgersi del falso! L’assoluzione è arrivata anche per l’infedele patrocinio poiché non sarebbe stato dimostrato il “dolo”, ossia la “coscienza e volontà di intraprendere una difesa volutamente contraria ai doveri di correttezza e lealtà con il cliente e nociva dei suoi interessi”.

(su Primo Piano Molise del 12 aprile)

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