Caro direttore,

Qualche settimana fa ho beccato mio figlio pronunciare parole scurrili su una sua amica con un suo compagno di scuola.
La prima reazione è stata di sconfitta, perché tramite il dialogo e l’esempio credevo, assieme a mia moglie, di aver costruito qualcosa per l’edificazione dei nostri figli in quanto persone.
Dopo aver ascoltato la vicenda della rete pedo-pornografica italiana scoperta dagli inquirenti a seguito della denuncia di una madre e che ha interessato vari minorenni, mi sono ridato animo e ho detto quello che dovevo dire a mio figlio, con l’impegno di discutere sempre più con lui e stargli accanto.
Da una battutina a ben altre azioni il passo è breve, inutile che ci nascondiamo dietro un dito e pensiamo sempre che i problemi riguardino gli altri. Sconcertante è però il silenzio in cui il fatto è stato relegato.
Ci ha fatto caso? Qualche accenno all’indomani della sua scoperta, poi più nulla. “Lasciamo che la magistratura faccia il suo corso”, si sente spesso dire: guai se non fosse così, ma poiché ci ammorbano con programmi di approfondimento sugli occhiali della Ferragni, risulta difficile credere che tali silenzi scaturiscano solo da un rispetto del decorso giudiziario dell’evento. Abbiamo ossessioni antropologiche che stanno picconando le basi naturali, durate per millenni, della società, e poi voltiamo le spalle di fronte all’evidenza della degradazione umana.
E’ il lato oscuro di una società che vuole mettere in cantina quanto l’ha egregiamente tenuta in vita nei secoli perché crede di aver imparato tutto e meglio di chi l’ha preceduta. Beh, se avesse tutta questa scienza infusa, non sarebbe stata messa in ginocchio da un esserino che si fa chiamare Covid-19. Di racconti patologici siamo circondati, e nel novero è certamente ascrivibile la critica sguaiata (ma anche l’indifferenza) verso chi, in queste settimane, sta prendendo parte a pacifiche manifestazioni di piazza che ribadiscono il loro NO al disegno di legge Zan-Scalfarotto che, in barba alla legge Mancino, già doviziosa di particolari in merito alla persecuzione penale di atti intolleranti nati da orientamenti religiosi, sessuali, ideologici, vuole creare una categoria di privilegiati (il mondo LGBT) con un reato tutto per loro, quello dell’omotransfobia, che si sa bene essere stato studiato a tavolino perché di tolleranza verso quel mondo ormai ce n’è a bizzeffe nel nostro Occidente, le denunce per intolleranza sono state solo 66 negli ultimi due anni e si sta piuttosto invertendo la tendenza, ossia che l’intolleranza e l’allergia si manifestano contro chi parla, anche se sommessamente, di valori come la famiglia e il sesso biologico.
Invito a questo proposito a leggere che cosa sta accadendo a Rob Hoogland, un padre canadese divorziato che sta vivendo un vero e proprio incubo.
Nel novero dei silenzi di cui parlavo prima rientra a pieno titolo lo scandalo affidi, uno scandalo che è partito da una cittadina emiliana, ma che ha una storia pluriennale e ramificazioni nazionali a seguito di un sistema tossico, ideologicamente malato e pervicacemente attaccato alla logica del profitto.
C’è una grossa questione morale nel nostro Paese, non certo legata in modo esclusivo alle chat di magistrati corrotti. Una questione che sta già assumendo i connotati di una emorragia per via dei nostri silenzi, e quindi delle nostre connivenze.
Siamo in tanti a fare, in questa vita, solo una piccola escursione, poi le diciamo addio senza infamia e senza lode.
Un cordiale saluto da chi vorrebbe trasformare questa escursione in una incisiva permanenza, e ci prova con gli strumenti che un normale cittadino ha a disposizione.

2 Commenti

  1. Elisabetta Diolaiti scrive:

    Ben detto! Credo che ormai di parole ne siano state spese tante, troppe. Ora bisogna solo agire, come l’autore dell’articolo. Gli strumenti per farlo ci sono, eccome: petizioni, manifestazioni di piazza, di quartiere… Ci sono. Basta metterci la faccia.

  2. Gianpaolo Mazzuccato scrive:

    Tanto vero quanto triste. Triste perché, come è stato scritto, denota una corruzione antropologica che vuol sovvertire l’ordine naturale delle cose. Un ordine istituito e pensato perché ci possiamo star bene, in questo benedetto mondo. Eppure stiamo facendo in modo di viverci male, con le nostre regole personali, i nostri guazzabugli morali, i nostri rimescolamenti concettuali. Parliamo troppo quando non è necessario, tacciamo quando dovremmo usare i megafoni.

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