CAMPOBASSO. Se nel 2018 non fosse lui il candidato presidente del centrosinistra, sarebbe solo un «tifoso convinto». Nessun piano B, Roma non gli interessa. Non gli interessa perché se la conferenza programmatica che il Pd sta per avviare bocciasse quello che ha fatto in questi anni o se, in caso verranno indette, perdesse le primarie «che senso avrebbe provare a rappresentare il Molise altrove? Vorrebbe dire che ho sbagliato. E io non mi sono candidato perché non ho una professione…».
Paolo Frattura non si stanca di ripetere che il centrosinistra per vincere deve andare unito. Non polemizza con gli avversari interni, lui li chiama ‘competitor’, inutile tentare di provocarlo. Con il senatore Ruta e il deputato Leva non ha intenzione di aprire altri fronti e comunque non si incammina sul terreno minato dello scontro con loro. «I miei avversari politici sono il centrodestra e i 5 Stelle».
Presidente, il quadro nazionale non aiuta. Due sinistre a confronto: Renzi e Pisapia.
«Andare divisi alle elezioni non sarebbe certo il massimo, considerando anche il risultato delle amministrative. Mi auguro che questa effervescenza si possa trasformare in una convergenza nella proposta finale agli italiani. Pisapia comunque mi pare sia stato costruttivo, non distruttivo. E i personalismi esasperati, aggiungo, non aiutano».
Pisapia è costruttivo. Non proprio lo stesso si può dire dei suoi rappresentanti in Molise. Nei suoi confronti sono anche dialetticamente molto duri.
«Questa però è una valutazione o una domanda, se mi sta chiedendo il perché, che deve rivolgere ai diretti interessati. Io mi limito a ribadire che andando separati saranno gli elettori a scegliere e noi avremmo rinunciato a fare sintesi».
L’Ulivo 2.0 aggrega molte sigle. E se l’obiettivo fosse di indebolire la sua riproposizione agli occhi del partito nazionale, dimostrando che il suo nome divide e quindi è meglio non riproporlo? È una lettura che circola negli ambienti politici. Non due centrosinistra alle urne ma l’esclusione di Frattura dalla contesa del 2018.
«Una lettura provocatoria… ma anche in questo caso è una domanda che andrebbe posta ai capi dell’Ulivo 2.0. Se è vero che questa è l’intenzione, intendo. Da parte mia analizzo lo stato delle cose. Ho detto tante volte e ripetuto: quando ci sono più proposte, si fanno le primarie. Però non ci sono candidati, oggi non ci sono. Si voterà nel periodo fra febbraio e maggio 2018, se l’Ulivo 2.0 presenterà nomi alternativi si terranno le primarie. E sceglieranno i cittadini, non chi sta in tribuna o i massaggiatori…».
Intanto però lei è molto bersagliato da quel fronte. Eppure non è stato sempre così. Anzi, a Ruta e Leva più di qualcuno ancora ricorda di averla voluta nel centrosinistra e a capo della coalizione. Su cosa in realtà si sono divise le vostre strade?
«Io sono rimasto dov’ero. E mi interessa che il centrosinistra vinca, che si confermi la maggioranza che ha governato questa regione e ha eletto tre parlamentari a Roma, invertendo una rotta che per anni era stata completamente diversa. Mi interessa che si consolidi quanto è stato fatto in questi anni. Ora, ci sono posizioni e scelte non condivise? Valutiamole, vediamone i motivi. Le critiche le ritengo sempre positive. Anche se può apparire il contrario, magari per un dato caratteriale, io apprezzo molto di più quando mi si dice: qui hai sbagliato. Certo, preferirei che la critica, che considero sempre costruttiva, fosse anche propositiva. Cosa e come fare diversamente e perché. Comunque, i miei avversari non sono nel centrosinistra. Lì ci potranno essere dei competitor, se ci saranno e si faranno le primarie. Gli avversari sono il centrodestra e i 5 Stelle. Qualunque sarà il mio ruolo, sia il candidato governatore o il semplice tifoso».
Non ci sono vie di mezzo, o leader o tifoso. Lei non farebbe il massaggiatore come si è definito il senatore Ruta?
«Non ne sarei capace, in alternativa io faccio il tifoso convinto».
Prendiamo spunto dagli avversari allora. Iorio ha rotto gli indugi, lei?
«Abbiamo deciso nell’assemblea del Pd che avremmo avviato incontri sul territorio con iscritti, simpatizzanti, amministratori per spiegare cosa abbiamo realizzato in questi anni. Laddove ci fosse condivisione sulle tante cose, purtroppo poco comunicate, che abbiamo fatto mi farebbe certo piacere ricandidarmi. Se questa condivisione non ci fosse, che senso avrebbe la mia candidatura? Se dicessi “voglio ricandidarmi e basta” sarebbe un capriccio da bambini».
E se non fosse la Regione, accetterebbe una candidatura al Parlamento?
«Se non mi candido alla Regione perché non c’è condivisione su quel che ho realizzato, vuol dire che ho sbagliato. Quindi, no, non vorrei provare a rappresentare il Molise altrove. Che senso avrebbe? Grazie ai molisani, ho vissuto un’esperienza straordinaria in questi anni. Lo ripeto: ho messo in campo scelte impopolari, ne sono consapevole. Ma mi permetta di dire che i primi risultati positivi ora si cominciano a vedere. Bisogna consolidarli e continuare su questa strada».
Faccia conto che siamo in campagna elettorale e lei è di nuovo candidato. Chi teme di più, il centrodestra o i 5 Stelle?
«Stavolta la provocazione la accetto. Un uscente si ricandida se ritiene di poter vincere, quindi non temo nessuno. Semmai si potrebbe ragionare su chi arriverà secondo. Ma è un problema degli avversari. Noi pensiamo a governarla questa regione…». rita iacobucci

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