Passeranno dalle attuali 130 a 40. O, nel migliore dei casi e in base ad una soluzione intermedia, il riordino dell’apparato statale targato Renzi contemplerà 65/70 prefetture in tutta Italia. Che si chiameranno Uffici territoriali del governo, dicitura già esistente che però dovrebbe divenire prevalente, unica. Perché il prefetto è destinato a diventare un ‘super prefetto’.
Il vicepresidente della Regione Michele Petraroia sta scandagliando disegni di legge e dichiarazioni dei rappresentanti di Palazzo Chigi sull’argomento riforme. E poco gli piace il restringimento di poteri per gli enti locali. “Ciò che è chiaro – commenta – è che nelle nuove prefetture confluiranno tutti gli organi dello Stato decentrati a partire dai Provveditorati agli Studi, le Direzioni del Lavoro, le Sovrintendenze” spiega. Perché non è d’accordo Petraroia col super–prefetto? “Il prefetto gestirà in un’unica sede i diversi uffici statali riprendendo le funzioni dell’Intendente del Regno e si sostituirà di fatto al sistema delle autonomie locali, depotenziato e svilito, e alle Regioni che progressivamente saranno svuotate di prerogative e di risorse per archiviarle di fatto se non di diritto, esattamente come è accaduto con le Province”. Petraroia boccia dunque l’idea come neo-statalista, la riconduce alle pressioni dei poteri forti e dell’Ue che chiede all’Italia tagli per ridurre il debito pubblico.
Caro Renzi, così non va. È un po’ questo il messaggio di Petraroia sulle riforme in genere e sul ddl presentato dal premier insieme al ministro Madia. L’assessore al Lavoro della Regione Molise apprezza, invece, il governo per il tentativo di evitare agli italiani il salasso che imporrebbe l’Unione europea per rientrare nei parametri del rapporto fra Pil e debito pubblico.

“Per il Molise – prosegue Petraroia – le conseguenze di queste razionalizzazioni determineranno la soppressione di uffici pubblici, la perdita di posti di lavoro stabili, l’allontanamento degli uffici statali dai cittadini e da ultimo con lo svuotamento dei poteri di Comuni, Province e Regioni, sarà più difficile anche essere ascoltati da chi decide per davvero, esattamente per come sta già accadendo per la sanità regionale”.

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