Il 16 marzo 1978, poco dopo le 9, un commando delle Brigate Rosse entra in azione in via Fani, a Roma: blocca le auto del presidente Dc Aldo Moro, uccide i cinque uomini di scorta e porta via Moro su una Fiat 132 blu. Poco dopo le Br rivendicano l’azione con una telefonata all’Ansa. Il sequestro terminerà 55 giorni dopo, il 9 maggio, con l’uccisione dello statista.
Cinque, dunque, le vittime dell’attentato di 40 anni fa. Oreste Leonardi, 52 anni, era maresciallo dei carabinieri e capo della scorta. Domenico Ricci, di San Paolo di Jesi in provincia di Ancona, appuntato dei carabinieri alla guida della Fiat 130 sulla quale viaggiava Moro. Giulio Rivera, 24 anni di Guglionesi, agente di polizia assegnato alla scorta di Moro nel 1974, subito dopo essersi arruolato. Il 16 marzo 1978 si trovava alla guida dell’Alfetta che precedeva l’auto sulla quale viaggiava il presidente della Dc. Otto i proiettili mortali che lo raggiunsero. Ancora, Francesco Zizzi, 30 anni di Fasano, in provincia di Brindisi, era vicebrigadiere di Ps e anche lui a bordo dell’Alfetta. Infine, Raffaele Iozzino, 24 anni di Casoria, anche lui guardia di Ps e viaggiava sull’Alfetta.
Ieri a Roma la commemorazione ufficiale. A Guglionesi, invece, un Consiglio comunale straordinario e una cerimonia nel cimitero si svolgeranno lunedì a partire dalle 10 per ricordare Giulio Rivera. Alle 11 sarà deposta una corona di alloro sulla sua tomba.
Numerosi i messaggi istituzionali che ieri hanno ricordato la strage. «Il nome di Giulio Rivera non ci riporta solo al più grave attacco alla nostra Repubblica, il sequestro 40 anni fa del presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro. Il nome di Giulio Rivera, assieme a quelli degli altri componenti della scorta, gli agenti di polizia Raffaele Iozzino e Francesco Zizzi e i due carabinieri Oreste Leonardi e Domenico Ricci, ci riporta anche e soprattutto – ha dichiarato il presidente della Regione Paolo Frattura – al coraggio e al valore di uomini come lui, come loro. Giulio era il più giovane, aveva appena 24 anni quando il commando delle Brigate Rosse sorprese in via Fani a Roma l’auto sulla quale viaggiava Moro. Non ci fu pietà per nessuno della scorta: persone oneste e perbene, rigorosi servitori dello Stato, uomini giusti che lavoravano per sostenere le loro famiglie o per farsene presto una. E tutto questo, questa dimensione semplice e quotidiana, rende ancora più terribile il ricordo dell’agguato che ha cambiato la storia del nostro Paese. Oggi l’Italia rende omaggio al sacrificio di Giulio e dei suoi colleghi: l’abbraccio dovuto alle vittime cui il destino riserva un ricordo più silenzioso ma comunque sentito. è sentito e non passa il dolore di Guglionesi, il paese dal quale Rivera era partito una volta diventato poliziotto: Giulio è sempre lì nei pensieri dei suoi concittadini. È nelle lacrime senza consolazione dei suoi familiari, è nel silenzio attonito del Molise che oggi come allora pensa alla vita che Giulio aveva davanti e che la brutalità assassina di quegli anni bui gli ha negato. Oggi come allora siamo vicini a chi da 40 anni piange ogni giorno il giovanissimo agente della scorta del presidente Aldo Moro».
Per Laura Venittelli, deputata uscente del Pd, «il basso Molise e l’intera regione hanno l’obbligo morale di ricordare il sacrificio di un giovane molisano, l’agente di polizia Giulio Rivera». Insieme al collega Gero Grassi negli ultimi cinque anni Venittelli ha portato «la memoria storica e la nuova commissione d’inchiesta parlamentare tra gli studenti e i cittadini molisani, nei numerosi incontro organizzati sul “Caso Moro”».
Quello di 40 anni fa, dice il sindaco di Campobasso Antonio Battista, fu «un attacco alla democrazia e ai valori della nostra Repubblica». E prosegue: «A distanza di quarant’anni, il ricordo e la commozione sono ancora forti e vivono nel sacrificio di quegli uomini che hanno perso la vita per servire lo Stato. A loro e alle famiglie va il nostro ricordo, la nostra ammirazione, e il nostro abbraccio perché vittime di un tragico fatto di sangue che continua ad essere una delle pagine più nere della storia recente e che deve farci riflettere sulla democrazia e sul rispetto della pluralità del pensiero politico e sociale, valori fondamentali che vanno difesi e tutelati. Sempre».
«Per noi è davvero una triste giornata. Anche se sono trascorsi 40 anni dalla strage di via Fani il ricordo è sempre vivo nelle menti di tutti i poliziotti ed è ancora più vivo in quelle dei poliziotti molisani che hanno perso in quella tragica vicenda il loro conterraneo, l’amatissimo Giulio Rivera», è il commento del segretario regionale del Coisp Giovanni Alfano. Oggi, rispetto agli anni di piombo, per Alfano i rischi di chi indossa una divisa sono perfino aumentati. Negli anni di piombo «si combatteva contro un nemico vigliacco ma che comunque era riconducibile ad un filo logico – investigativo che portava prima o poi ad un nome ed un cognome in qualità di mandante e di quello dell’esecutore materiale come pure per la stragrande maggioranza dei delitti di mafia o di camorra ma ad oggi con l’avvento dell’Isis, il terrorismo nero internazionale, di gran lunga più crudele ed imprevedibile, abbiamo molte più difficoltà».

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