Si parla di Piccole immagini di raso bianco, romanzo d’esordio di Manuela Petescia, sull’ultimo numero di “7”, il magazine del «Corriere della Sera» diretto da Beppe Severgnini. Ed è la conferma di una sensazione che si era fatta strada fin dal primo apparire del romanzo (Rubbettino editore, pp. 261, 15 euro), uscito con sobrietà e modestia, senza clamore e strombazzamenti, sul finire dello scorso anno.
La sensazione, cioè, che Piccole immagini di raso bianco non sarebbe passato sotto silenzio. E non certo, o non solo, per la “statura” dell’autrice, Manuela Petescia, giornalista notissima e di forte personalità, spesso al centro di vicende (a volte perfino romanzesche), che hanno attirato l’attenzione dei media.
Ciò che colpisce subito, al primo impatto, è la forza stessa del romanzo, che trascende completamente la figura dell’autrice e vive di luce propria, della qualità del suo linguaggio, della scrittura serrata, veloce e scorrevole, che non indugia in pause; e della ricchezza della storia, che parte dal rapporto torbido che si instaura tra l’io narrante, uomo “potente”, psichiatra ricco e affermato, e Dolores, giovane madre e donna sola, nevrotica e sensuale, segnata dai traumi di un’infanzia terribile, per poi allargarsi in una serie di cerchi concentrici.
Il racconto è costruito su un vertiginoso sistema di memorie e di cronache, incubi e flussi di coscienza, cinematografia e psicanalisi, tenuto in perfetto equilibrio dallo stile e sostenuto – a beneficio del lettore – da una trama avvincente, che non risparmia colpi di scena, fino all’ultimo secondo.
Verità che sembravano sacre ed acquisite sono rimesse in discussione con coraggio; vecchi luoghi comuni della morale vengono denudati in tutta la loro vuotezza e ribaltati, in aperta sfida a un’ipocrisia socialmente dilagante, sferzata dalla satira o svelata nelle sue immagini più ripugnanti. Senza mai perdere, fra realismo e disincanto, e un sottile filo di cinismo, quel soffio di umanità, e di partecipazione alle vicende umane, che costituisce il senso più autentico di ogni creazione letteraria.
Luca Colella

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