Testimoni di quello che accadeva in viale del Plebiscito, quella maledetta sera del 2 maggio, quando nell’appartamento la morte prendeva il sopravvento sulla vita, su quello che era stato fino a quale mese prima un amore, poi finito.
La testimonianza di tre studenti cinesi, che vivono ancora nelle immediate vicinanze dell’abitazione del centro storico di Frosinone dove Romina De Cesare ha esalato il suo ultimo respiro per mano del suo ex compagno, reo confesso dell’omicidio, sarà cristallizzata nel corso dell’incidente probatorio fissato al prossimo 8 giugno.
Una accelerazione delle indagini dovuta alla circostanza che i tre studenti non potranno più essere ascoltati visto che faranno ritorno in patria. Ma loro, quella maledetta sera, erano in casa, potrebbero aver sentito i rumori della tragedia che si stava per compiere, le voci che si fanno rabbiose, le urla e poi il silenzio.
Ed è proprio questo che la procura di Frosinone intende precisare convocando gli studenti – che ovviamente parlano italiano ma saranno assistiti comunque da un interprete – per acquisire le testimonianze di chi quella sera – e non solo perché potrebbero emergere dettagli anche su altri eventuali litigi – potrebbe aver sentito quanto stava accadendo fra le quattro mura dove Pietro Ialongo ha prima aggredito, poi tentato di strangolare e poi accoltellato – in una tragica sequenza di morte – la donna che diceva di amare.
Per non lasciarle vivere la vita che lei voleva. Senza di lui.
Lo ha raccontato proprio il 38enne, in sede di interrogatorio alla presenza dei pm di Frosinone e di Latina e alla presenza del suo avvocato d’ufficio, subito dopo il fermo, operato dai Carabinieri della città pontina. Lo ha raccontato quando ha confessato di averla accoltellata con una serie di pugnalate inferte con quella lama che Romina gli aveva regalato vista la sua passione per i coltelli. Lo ha scritto proprio lui, su quel foglio di carta stropicciato che i Carabinieri hanno trovato nella tasca dei pantaloni, buttati sulla sabbia di Sabaudia dove lo hanno trovato seminudo e in stato confusionale, dopo aver tentato di togliersi la vita.
«Non volevo ucciderla, io la amo».
Ieri mattina, in Procura a Frosinone, il pm ha affidato anche l’incarico al perito che dovrà analizzare il traffico telefonico delle utenze intestate a Romina e a Pietro Ialongo e, secondo fonti bene informate, anche ad altre persone che potrebbero avere avuto contatti con l’omicida in quelle drammatiche ore. Novanta giorni di tempo per le operazioni peritali: sia quelle attinenti le telefonate, i messaggi e ogni forma di comunicazione che possa essere passata attraverso i cellulari o le applicazioni di messaggistica e anche per il deposito delle risultanze degli esami di estrapolazione del Dna (affidate ai Ris) dai tessuti repertati sulla vittima e da alcuni oggetti rinvenuti nell’appartamento, con molta probabilità anche dal coltello usato per togliere la vita alla giovane Romina.
Sguardo dolce e mite, occhi chiari velati di tristezza. Forse di paura.
Già fissate al 23 settembre prossimo le udienze dove saranno vagliate le risultanze di tali esami, prodromici a ricostruire nel dettaglio il quadro di quello che è un femminicidio, l’ennesimo.
Intanto, la difesa di Pietro Ialongo ha depositato l’istanza al Riesame avverso l’ordinanza di custodia cautelare del gip di Frosinone, competente territorialmente visto che è il luogo dove si è consumata la tragedia.
Il 38enne è rinchiuso nel carcere di Frosinone, accusato di omicidio volontario aggravato dalla coabitazione e di stalking.

ls

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