Paramenti bianchi, non quelli viola del lutto, per celebrare i funerali di Rita Fossaceca. “In un tempo come il nostro dove l’angoscia ci circonda da ogni parte, il tuo gesto, Rita carissima, è un raggio di luce. Mentre ci avvolge da ogni parte la paura del terrore, la tua scelta di aprire un luogo di cura per gli orfani è un balsamo sulle nostre paure, è una stella che brilla nelle nostre tenebre”, ha detto il vescovo di Novara, Franco Giulio Brambilla, durante le esequie nel Duomo ieri pomeriggio.

L’ultimo saluto nella terra che l’ha accolta, apprezzata e amata – il Piemonte – è stata una testimonianza di quanto la radiologa molisana sia riuscita a realizzare per gli altri durante la sua vita. Una vita spezzata brutalmente in Kenya, dove aveva costruito un orfanotrofio con gli amici e colleghi della onlus For Life. Il 28 novembre, la dottoressa era nella casa di Watamu. Insieme a lei i genitori Giovanni e Michelina, lo zio don Luigi Di Lella, due infermiere novaresi. Sarebbero ripartiti tutti di lì a qualche ora, quando un commando fece irruzione aiutato da chi lavora in quella casa, questa l’ipotesi degli investigatori locali. I rapinatori avevano machete e una pistola, cominciarono a picchiare i familiari di Rita, lei si lanciò verso di loro per difendere la madre. Un colpo sparato a bruciapelo, al petto, la uccise. Il sacrificio della volontaria 51enne di Trivento ha commosso tutti. Il Presidente della Repubblica Mattarella l’ha ricordata sabato alla Giornata mondiale del volontario e ieri ha inviato un messaggio alla famiglia per esprimere cordoglio e vicinanza: “A spingerla così lontano è stato il forte spirito di solidarietà e di altruismo che l’ha portato all’impegno in una onlus appositamente creata, mettendo a disposizione la sua professionalità. Valori alti – si legge nel messaggio di Mattarella – che Rita Fossaceca ha vissuto e posto in pratica sino alla tragica morte in Africa, consapevole che la dignità dei bambini, delle donne, degli uomini, non ha confini. Il suo impegno e la sua dedizione, spezzati in modo così barbaro, restano per tutti un esempio e un riferimento”.

Dolore e sgomento a Novara, come a Trivento e in tutto il Molise. Ed erano in tanti ieri nel Duomo, una folla immensa. Di fianco all’altare, scortata da due corazzieri, la corona del Quirinale. Sull’altro lato quella di Montecitorio. Tante le autorità istituzionali presenti alla funzione: i  governatori di Piemonte e Molise, Sergio Chiamparino e Paolo Frattura, il sindaco di Novara, il primo cittadino di Trivento Domenico Santorelli. C’erano i genitori e il fratello di Rita, i colleghi del reparto di radiologia dell’ospedale Maggiore di Novara – nella cui chiesa si è tenuta la camera ardente – gli amici della onlus con cui condivideva l’amore smisurato per l’Africa e i bimbi di Mijomboni. A dire addio alla dottoressa di Trivento, fra gli altri il direttore del Maggiore Mario Minola, il direttore dell’Asl Adriano Giacoletto, il rettore dell’Università del Piemonte Orientale Cesare Emanuel, il prefetto Francesco Paolo Castaldo, il sottosegretario Franca Biondelli.

 

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(foto LaPresse)

La messa è stata celebrata dal vescovo Brambilla insieme al titolare della diocesi di Trivento Domenico Scotti e allo zio di Rita Fossaceca, don Luigi. “Nella decisione della dottoressa Fossaceca di costruire un orfanotrofio – le parole di Brambilla durante l’omelia – si racchiude l’eloquenza di un gesto che è il senso di tutta la sua vita. Era la sua passione, ne parlava ai colleghi, raccoglieva risorse, invitava altri a dare una mano, a collaborare con lei, a fare le ferie in modo alternativo. Rita – ha aggiunto – era una persona generosa, solare, che non si tirava indietro quando c’era da aiutare qualcuno. I colleghi la ricordano come una persona con cui era piacevole lavorare. Diamo l’ultimo saluto a Rita dopo un mese tremendo pieno di immagini di morte, in cui la paura ha attraversato come un brivido l’Europa, e molti l’hanno brandita per farci ancora più paura. In un lontano paese dell’Africa, intanto, silenziosamente, una donna, una di noi, faceva prevalere la vita sulla morte, e per questo ha dato la sua vita”. A chi l’ha conosciuta ha chiesto: “Non ammainate la sua bandiera, non disperdete l’eredità di Rita”.

Anche don Luigi ha voluto ricordare la nipote. Uno dei momenti più toccanti della cerimonia. La voce gli si è incrinata più volte e ha rivelato di aver molto apprezzato la scelta del vescovo di Novara di far indossare paramenti bianchi, anziché viola, ai concelebranti e di far suonare campane  a distesa anziché a morto, in onore della vitalità di Rita: “Ricorderò sempre il suo volto luminoso e per fortuna fra tante tenebre c’è anche tanta luce”.

 

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(foto in alto e in homepage corrieredinovara.it)

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