Un viaggio nel pronto soccorso dell’ospedale San Timoteo di Termoli. Ogni volta che si avvicina la stagione estiva è sempre uno psicodramma mediatico, il reparto d’emergenza del nosocomio adriatico andrà in sofferenza, c’è carenza di organico e le file sono estenuanti per ottenere una prestazione. Tuttavia, al di là dei luoghi comuni, occorre conoscere le realtà dal di dentro, in modo approfondito. Per questa ragione abbiamo chiesto lumi su come sia organizzata la divisione di medicina d’urgenza al primario, il dottor Antonio Occhionero. Intanto, nell’estate 2012 finanche con le ferie obbligate pena responsabilità del dirigente, imposte dall’Asrem, a calmierare la situazione ci ha pensato il minor flusso turistico sulla costa, che almeno nei giorni feriali si sostanza con un calo di prestazioni richieste che da 140 che sono state la media dello scorso anno si aggirano sulle 100. Ciò non accade nei fine settimana, dove i picchi rimangono sensibili. Ma il livello di generale criticità, oltre alla carenza in organico, che si conferma tale. Nove medici, 23 infermieri e altre otto figure di assistenza che debbono reggere un triplo turno in pronto soccorso e anche gestire gli otto posti letto del reparto di Medicina d’urgenza (di cui un day hospital) non sono molti e per questo l’auspicio è che almeno per le 4 settimane clou, da qui all’inizio della quarta decade di agosto, possano esserci dei rinforzi. Adeguamenti che non sarebbero forse neppure necessari e richiesti se non si avessero tantissime di queste richieste d’intervento fuori canoni specifici. Insomma, al pronto soccorso cin si va per qualsiasi cosa e in caso di situazioni critiche, come i codici gialli e rossi, da Casacalenda a Montenero, dopo il depotenziamento dell’ospedale Vietri di Larino, il cui pronto soccorso lavorerebbe molto meno che in passato, è il solo San Timoteo a rispondere. Colpa dei medici di base, che ormai indirizzano tutto io quasi fuori dalla loro operatività, ma anche delle stesse famiglie, che specie con gli anziani in casa e i malati terminali, ciclicamente, ogni settimana, cercano di liberarsi del proprio congiunto. Una volta la preferenza era quella di avere un decesso in casa e non in corsia, per questioni legate alla veglia, ma anche allo stesso affetto per il caro estinto, oggi funziona al contrario. Infine, la finta rivoluzione dei codici bianchi, ambulatori di guardia medica che avrebbero dovuto snellire proprio i pronto soccorsi, ma da lì col sistema del triage vengono smistati prima e riaccolti poi, perché quelle strutture non ancora vengono attrezzate a dovere, tanto che qualche buontempone ha persino aggiunto a pennarello sotto il cartello dei codici bianchi l’aggettivo… inutili. Tutto questo non può e non deve giustificare le 15 ore di fila e di attesa che qualcuno si è trovato a fare perché non portatore di una urgenza specifica e grave, ma certamente un utilizzo e un ricorso più parsimonioso al pronto soccorso aiuterebbe a una migliore e più celere gestione delle patologie acute più particolari, aiutando i vari reparti nello smistamento dei pazienti.

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