Sono 50 le persone in quarantena domiciliare in Molise. I tamponi effettuati, a ieri mattina, 8 e tutti negativi al coronavirus.
La sanità molisana, con la decisione di sabato scorso poi ampliata con la prima ordinanza del presidente Toma di lunedì, ha anticipato alcune regole messe a punto dal governo nazionale dopo il confronto con le Regioni: per esempio l’obbligo per chi proviene dai centri sottoposti a cordone sanitario (e poi anche dalle aree a rischio) di dichiarare la propria presenza per essere preso in carico dall’Asrem, dal servizio di prevenzione e – nel caso di sintomi – dall’emergenza e dalle malattie infettive.
«La rete pubblica di emergenza sta funzionando. Abbiamo rodato la macchina e messo in pratica le indicazioni ministeriali. Devo ringraziare tutti gli operatori – dai medici del Pronto soccorso a quelli del 118, dai medici di base a quelli di Malattie infettive e ai tecnici di laboratorio. In questo momento il panico non ha ragione di essere in Molise e neanche l’allerta. Ma siamo in grado di fronteggiare un ipotetico caso di positività al Covid19», rimarca la commissaria dell’azienda Virginia Scafarto. Come ha dimostrato l’episodio del 29enne preso in carico dal 118 a Termoli, di ritorno in treno dalla Lombardia e con 39 di febbre. Per fortuna, negativo anche lui.
Scafarto sta approntando un eventuale ampliamento – solo nel caso servisse – della zona di isolamento, con posti letto dedicati, sempre al Cardarelli. Che è il centro hub per il coronavirus. Posti per malattie infettive negli altri ospedali sarebbero allestiti solo in caso di una evoluzione negativa particolarmente significativa.
La manager campana rinnova l’appello ad utilizzare in maniera appropriata il servizio sanitario regionale – che ha carenze note ma regge se usato come si deve -, a cominciare dai numeri di telefono dedicati a chi torna dalle regioni a rischio: 0874 409000 e 0874 313000. Sono stati istituiti lunedì anche perché nella sola giornata di domenica al 118 (numero di emergenza che se preso d’assalto non permette a chi si sente davvero male di essere assistito) erano arrivate mille chiamate. Universitari (o i loro genitori) che rientravano perché gli atenei al nord sono chiusi, prof e maestri in viaggio verso il Molise per le scuole chiuse o persone che stavano venendo in regione per lavoro. Le richieste, anche inspiegabilmente allarmate: voglio che mi facciate il tampone.
Il test, spiega Scafarto, si effettua solo ai sintomatici che abbiano avuto contatti negli ultimi 14 giorni nelle aree interessate dal virus (in Cina o in Italia). Naturalmente, le autorità sanitarie distinguono fra chi è stato nell’area del cordone e chi solo nelle aree più vaste interessate. Sostanzialmente, per esempio, se si è stati a Milano (o anche a Bologna, Genova) e si ha 37.5 di febbre per tre giorni si sta a casa e in caso di evoluzione peggiorativa del sintomo si effettua il tampone. «Non è uno screening generalizzato, è un test diagnostico, che oltre tutto ha i suoi costi. Quanto al numero di tamponi, ne abbiamo a sufficienza per ora. Se ci servissero, sarà la Protezione civile e fare gli acquisti».
Su tutto, però, vince la prevenzione. Lavarsi le mani bene e spesso, starnutire nel gomito, mantenere una distanza più adeguata nei luoghi affollati: il Cov19 si trasmette attraverso le goccioline di saliva (droplets). «Una febbre in questo periodo può capitare a chiunque, non intasate i servizi sanitari – il messaggio di Scafarto ai molisani – Contiamo sul vostro buon senso».

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