8 maggio 2020: il giorno in cui il Molise è ripiombato nell’incubo. Il virus ha insegnato che può accadere: cluster non ancora identificati, una volta scoperti hanno il potere di riportare indietro le lancette degli orologi e cancellare i risultati dei sacrifici già fatti.
Troppo presto per dire quali conseguenze avrà il focolaio esploso a Campobasso, all’interno della comunità rom, sulla fase 2 che anche in regione si sta avviando.
I numeri ora sono fondamentali. E dunque il bollettino: nella giornata di ieri Asrem ha diagnosticato altri 22 casi di coronavirus: 21 nella comunità rom del capoluogo, appunto, e una persona di Campomarino.
Ci sono stati, però, anche sei guariti: 4 di Campobasso, 1 di Campochiaro e 1 a Belmonte del Sannio.
Il nuovo cluster di Campobasso. Mercoledì al Cardarelli viene sottoposta a tampone una giovane donna della comunità rom. Ha febbre e difficoltà respiratorie. Ha pure tre figli piccoli. Sottoposta al tampone faringeo, è positiva. Ricoverata in malattie infettive, viene ‘intervistata’ dai sanitari per ricostruire la catena di contatti. Racconta, pare, di una cerimonia funebre che ha visto la partecipazione di tante persone. È il 30 aprile, in tanti accompagnano al cimitero di Campobasso la salma di un uomo di etnia rom. E lì sostano in molti, troppi per quel che prevedono le norme anti contagio suggellate nei dpcm di Conte. Forse però non è quella tumulazione troppo affollata – finita sui social con video diventati virali – il momento cruciale, sono circolate voci su visite a casa per le condoglianze. Voci da verificare, ma l’Asrem nel ricostruire la catena epidemiologica, avrebbe ricevuto anche queste informazioni. E lo scambio di abbracci e gesti di vicinanza in un luogo chiuso è più verosimile come causa di un contagio che conta, nei primi test esaminati, già 21 positivi, 22 con la giovane donna ricoverata al Cardarelli.
Numerosi i bambini, forse 10, che risultano contagiati. Ansia, paura, tensione: il Molise è chiamato a una durissima prova, proprio quando pensava che i suoi grandi sforzi sarebbero stati invece premiati con un lento e responsabile ritorno alla normalità.
Un dato confortante: i 21 contagiati di ieri sono tutti paucisintomatici e sono in massima parte giovani, il più adulto ha 60 anni (ha detto ieri il dg dell’Asrem Florenzano). Molti i nuclei familiari interessati e in alcuni casi ci sono in famiglia persone positive e persone che invece sono negative. Una differenza di assistenza difficile da gestire.
Screening a tappeto e struttura ad hoc per isolare i rom contagiati
All’ospedale regionale ieri sono stati effettuati circa 50 tamponi, tutti su rappresentanti della comunità rom del capoluogo. Altri 20, stamattina. Alla riunione dell’unità di crisi ieri sera i vertici dell’Asrem Florenzano e Scafarto hanno chiesto la disponibilità di una struttura ad hoc per isolarvi i positivi, assisterli, monitorarli. Controllarli, ha detto chiaramente qualcuno alla riunione. L’azienda sanitaria avrebbe avuto un approccio con il capo della comunità per stemperare la tensione e arrivare possibilmente a un isolamento ‘condiviso’. Ma da quel fronte sarebbe arrivato di fatto un no, comunque non ancora un sì.
Il governatore Donato Toma ha chiesto ad Asrem, quando ci sarà in base ai risultati dei tamponi effettuati, il quadro preciso: un conto è dover isolare 21 positivi, un conto è doverne assistere in un unico luogo 40, per esempio. Stamane intanto farà il punto con la Protezione civile: sono numerose le proposte di strutture avanzate dai proprietari in questi mesi e, se le cose andranno come l’Asrem ha chiesto, quelle individuate andranno requisite.
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