Domani il responso del sequenziamento in corso nei laboratori dello Zooprofilattico – che fa parte della rete Covid nazionale – sui 100 tamponi molecolari, relativi al basso Molise, e inviati sabato pomeriggio a Teramo per capire se e quali varianti del virus SarsCov2 circolano nell’area che è stata dichiarata zona rossa dal governatore fino al 21 febbraio.
Ore di attesa, dunque. Attesa consapevole perché i ricercatori del Caporale hanno evidenziato, ai primi responsi, giù forti sospetti di variante. Per dirla in parole povere, hanno ‘letto’ un virus che non è quello base, ammesso che esista ancora un virus base. Con il sequenziamento si capirà che tipo di virus sta circolando in basso Molise e che cosa vuol dire questo in termini di diffusività e di impatto sulla salute dei contagiati.
Numerosi amministratori dei centri diventati zona rossa, fra i primi Roberti e Puchetti, parlano di condizioni assai pesanti, rispetto al passato, degli isolati al domicilio. Quasi tutti hanno bisogno dell’ossigenoterapia. Un virus dunque più aggressivo, che problemi respiratori più accentuati.
Da qualche mese, inoltre, in pratica dall’autunno si registra un abbassamento dell’età media dei ricoverati. E attualmente al Cardarelli sono assistite, in area medica, anche persone nate nel 1980. Mentre il paziente più giovane della terapia intensiva, dopo la morte del 39enne domenica, ha 52 anni.
Da Roma una decina di giorni fa l’input ai laboratori regionali di riferimento di sequenziare e monitorare l’andamento sul territorio delle varianti. L’Asrem si è mossa per acquisire un sequenziatore. Ma nel frattempo insieme alla Regione ha chiesto il supporto dello Zooprofilattico: troppo evidente il dilagare del virus in basso Molise e l’indagine era utile anche al presidente Toma per decidere su misure restrittive che da più parti gli venivano sollecitate. Ma quali sono le varianti che circolano oggi in Italia e quali sono le più pericolose? Dall’Iss sono arrivate in questi giorni indicazioni importanti.
Variante inglese
La variante «è stata isolata per la prima volta nel settembre 2020 in Gran Bretagna – spiega l’Iss -, mentre in Europa il primo caso rilevato risale al 9 novembre 2020». Il virus presenta delle mutazioni sulla cosiddetta proteina Spike, quella con cui il virus ‘si attacca’ alla cellula. Ma, a differenza delle altre due (brasiliana e sudafricana), la variante inglese sembra non compromettere l’efficacia dei vaccini: la mutazione, infatti, «è monitorata perché ha una trasmissibilità più elevata» ed è stata «ipotizzata anche una maggiore patogenicità», ma «al momento non sono emerse evidenze di un effetto negativo sull’efficacia dei vaccini».
Variante sudafricana
È stata isolata per la prima volta nell’ottobre 2020 in Sud Africa, mentre in Europa il primo caso rilevato risale al 28 dicembre 2020. In questo caso la mutazione «è monitorata perché ha una trasmissibilità più elevata – continua l’Iss – e perché dai primi studi sembra che possa diminuire l’efficacia del vaccino. Si studia se possa causare un maggior numero di reinfezioni in soggetti già guariti da Covid-19».
Variante brasiliana
Isolata per la prima volta nel gennaio 2021 in Brasile e in Giappone. Alla data del 25 gennaio 2021 è stata segnalata in otto Paesi, compresa l’Italia. La mutazione, spiega sempre l’Iss, è monitorata «perché ha una trasmissibilità più elevata», ma anche perché, come quella sudafricana, «dai primi studi sembra che possa diminuire l’efficacia del vaccino». E anche per questa si sta studiando se possa provocare più reinfezioni.

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