«È risorto, non è qui!» (Mc 16, 6). È con questo grido di esultanza che oggi esplode la luce della Pasqua su tutti noi. La mano del Risorto ci sorregge, certi che sarà la sua stessa mano a portarci fuori dal sepolcro della pandemia. Abbiamo tutti dovuto rinunciare a tanti dei nostri riti tradizionali, è vero, ma non abbandoniamo la speranza di credere nella potenza della vita sulla morte. La Risurrezione, in fondo, è proprio questo stile di vita, che ci richiede ogni giorno di lasciarci coinvolgere nella vittoria del bene sul male, certi che la purezza di cuore ci fortifica davanti alla bruttura degli egoismi. È una Pasqua intessuta più di silenzio e preghiera che di folklore. Tante manifestazioni esterne sono purtroppo cadute per le limitazioni imposte. Attorno c’è ancora tanto dolore e tanta paura. Però Cristo è qui e ci dice di toccare le sue ferite aperte e confidare nella sua salvezza. Perché Lui è il Buon Pastore che ci porta al sicuro, sopra le sue spalle, oltre la valle della morte.
Ho ancora viva l’immagine di venerdì sera, quando il Papa, appena terminata la Via Crucis in piazza san Pietro, si è lasciato abbracciare a lungo da un bambino che è sbucato all’improvviso da dietro al palco, solo col desiderio di stringersi al Papa. Era da un anno che non si vedeva più un abbraccio così reale in televisione, per gustarlo poi nella realtà.
E in quel gesto spontaneo ho intravisto proprio la rinascita, il vero nettare della Risurrezione.
Già i bimbi, nella Via Crucis dettata dal loro cuore limpido ma vero, ci avevano fatto capire la pienezza di dolore del nostro tempo. Ci hanno ricordato che anch’essi hanno le loro croci, specie ora per la pandemia. Croci vere, come la paura di andare a scuola ed essere additati perché non sei bravo a parlare, di perdere gli amici ed essere esclusi dalle feste, di vedere litigare i genitori e sbattere forte la porta senza poter fare nulla. Grande quella croce che vede morire i nonni da soli, strappati dal Covid. E com’è difficile portare un segreto nel cuore, senza poterlo confidare a nessuno, per paura di essere tradito.
Sono le nostre stesse croci di adulti. Le mie e le tue. Ma è proprio da queste croci che Cristo ci conduce fuori. E proprio perchè si è fatto una cosa sola con la nostra carne e la nostra umanità, dobbiamo permettergli di attirarci come la Maddalena, in piena notte, alla sua tomba, ora finalmente vuota. Sarà l’alba della risurrezione.
Così quell’abbraccio dei piccoli al Papa ci restituisce la voglia di andare avanti. Di lottare ancora. Di credere nelle stelle del cielo come ha fatto Abramo, nella pianura di Ur. Ci fa intravedere che potranno ritornare i momenti di incontro e di luce, negli occhi e nel cuore. Che la paura potrà essere vinta. Certo, quei piccoli ci hanno indicato anche la strada, perché questo sogno possa diventare realtà: essere più buoni. Cioè più solidali, uno per l’altro, vicini, in ascolto reciproco. Mai senza l’altro, come ci ha indicato il Sinodo della chiesa di Campobasso.
Ed allora, anche la curiosa ricerca della meteorite, nei campi di Sant’Agapito sarà più intessuta di mistero. Quel mistero che avvolge l’universo, che sempre mi ha affascinato negli studi di astrofisica in liceo. Ora ritorna imprevedibilmente tra di noi, proprio qui, in Molise. È anch’esso un segno, per tenere alto lo sguardo e cercare tra i fiori di primavera, nei nostri campi primaverili. E non è un gioco da ragazzi, poter capire un sasso che porta con sé una storia di 4,5 miliardi di anni. Buona ricerca. Ma soprattutto tanta speranza. Buona Pasqua a tutti.
Giancarlo Bregantini

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