«Sono un figlio dell’Appennino e venderò cara la pelle». Potrebbe essere la dichiarazione, fiera e clandestina, di un brigante armato rintanato tra i boschi dell’alto Molise per sfuggire ai lacci, anche culturali, dell’autorità costituita. Invece è una vera e propria dichiarazione di guerra contro lo spopolamento e l’abbandono delle aree interne. E in realtà è anche molto di più, perché è la storia di un impegno concreto, del coraggio, della testarda determinazione di chi è nato e dunque vive la “montagna di mezzo”, quella abitata e antropizzata da millenni appunto, e che ha deciso, dai più sarà considerato solo un pazzo, che non vuole andarsene via come centinaia di altri suoi compaesani e coetanei, non vuole arrendersi ad un destino che sembra segnato, ma che invece semplicemente non esiste. “Pic” si chiama questo folle progetto di rinascita, di resistenza e di resilienza staremmo per scrivere, se il termine non fosse ormai del tutto inflazionato e quasi antipatico. Un progetto di vita a medio e lungo termine messo in campo nel centro montano che non è affatto il simbolo dello spopolamento, ma esattamente il suo opposto: l’emblema di chi lotta e si oppone all’abbandono della “montagna di mezzo”. Dalle chiacchiere, quelle alle quali ci hanno abituato i politici di ogni risma e colore, si passa finalmente a qualcosa di concreto. E per un paradosso solo apparente è un poeta, dunque un visionario e sognatore, a concretizzare con ferma determinazione una “piccola impresa di comunità”. “Pic” si chiama, l’acronimo piccola impresa di comunità appunto, che richiama ad una nota pubblicità di siringhe mediche indolore. E forse è proprio questo che intende fare Giorgio Paglione, una “iniezione” di fiducia all’intera comunità di Capracotta e dell’alto Molise più in generale. Perché se i giovani, preparati, laureati e brillanti, non vanno più via, ma restano sul posto a costruire il futuro, artefici del proprio destino, in un territorio dal quale fino a ieri si fuggiva altrove, proprio di questo si tratta di una iniezione di fiducia e di coraggio. Giorgio Paglione è nato nel 1991 e vive a Capracotta. È appassionato di fotografia, pilota di droni, dottore agronomo e forestale, poeta, e sostiene con tutti i suoi “mezzi” culturali a disposizione la causa delle aree interne d’Italia. Nel 2010 è stato insignito della benemerenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri. «Ho deciso di non delegare più ad altri il futuro del mio paese» inizia così la sua spiegazione, Giorgio Paglione, illustrando il suo progetto multiservizi. «Non mi rassegno all’idea che la mia casa possa scomparire, che tutto si trasformi e resti solo un lungo ricordo in cui tornare quando si ha nostalgia, o le voci intorno sono troppe da creare confusione. Non voglio più piangere». Piangersi addosso non fa per lui, perché nelle sue vene scorre il sangue ribollente e fiero dei Sanniti, i pastori guerrieri che tennero testa allo strapotere di Roma e plasmarono l’embrione dell’Italia politica e sociale. «Adesso voglio solo emozionarmi e per questo ho deciso di rilevare un’attività commerciale, partire dalle sue basi, per estendere i multiservizi per l’intera comunità capracottese – continua il poeta imprenditore – Voglio provare a far crescere i miei figli con la mia stessa fortuna, quella di essere un capracottese. Ho deciso di combattere fianco a fianco al mio paese, ai miei affetti più cari, per un futuro nuovo e dignitoso per la montagna. Sono un figlio dell’Appennino e venderò cara la pelle – insiste il dottore agronomo e forestale – Dopo tanti anni di studio, mi sono inventato un lavoro e non so se sono pronto per questa bella sfida, ma di certo, ci proverò a fare quello che si può, con quello che si ha, nel posto in cui si sta». Sta tutto qui, nella frase «mi sono inventato un lavoro», il cambio di passo culturale tanto auspicato, lo scatto d’orgoglio. Perché dall’assistenzialismo democristiano del posto fisso, magari in fabbrica, che è una delle maggiori concause dello spopolamento delle aree interne, si passa e si torna a far rinascere lo spirito imprenditoriale. Dallo stipendio, che arriva di default, a prescindere dall’impegno, al “sudarsi” il proprio guadagno facendo cose, concretizzando idee e sogni. Lo avevamo annunciato nei giorni scorsi, sempre su queste colonne che consegnano ai posteri la storia e la vita di un territorio: dopo trentuno anni di servizio alla collettività, Maria Sozio “Bucaneve” è andata in pensione e ha ceduto la storica rivendita di tabacchi-edicola-spaccio di Corso Sant’Antonio a Capracotta. Non una serranda che si chiude per sempre, però, alimentando la desertificazione commerciale dei piccoli centri montani dell’Appennino, ma un passaggio di consegne generazionale. E a raccogliere il testimone, ma con l’innovazione esplosiva di nuove idee e aggiuntivi servizi, è proprio Giorgio Paglione. «Da domenica aprirà ufficialmente il “Pic”, Piccola impresa di comunità, un sogno gigantesco, anche se è molto piccolo – chiude il poeta forestale – Provo a fare una carezza al me bambino che si spaventava all’idea di non poter restare. Siamo fragili, ma indistruttibili». Parole che fanno venire i brividi. E il primo e migliore augurio per questa nuova impresa arriva dal sindaco di Capracotta, Candido Paglione, un altro “visionario”, che in via incidentale è anche il papà di Giorgio: «Grazie, Giorgio, per aver contribuito a mantenere accesa una luce nella nostra piccola comunità. Bravo, il tuo coraggio mi riempie di orgoglio. In bocca al lupo per tutto».

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