«C’era una volta la storia di paesi un tempo ricchi di vita, quando la mattina aprivi le finestre e sentivi il profumo del pane appena sfornato e le voci allegre dei bambini che andavano a scuola, la sera vedevi le luci accese alle finestre e il fumo che usciva dai comignoli, segni che quelle case erano abitate. Oggi invece le luci delle case si spengono giorno dopo giorno per non riaccendersi più e dalle strade si ode solo il silenzio che porta dentro i cuori sofferenza, inquietudine e soprattutto paura, tanta paura».
Inizia così lo sfogo che don Alberto Conti, direttore della Caritas diocesana di Trivento, affida alle pagine di “Uniti nel Dono”, testata giornalistica della Chiesa Cattolica, che ha dedicato un approfondimento ai progetti posti in essere dalla Caritas appunto per arrestare lo spopolamento in Alto Molise.
“Ricomincio dalla mia terra” è il titolo di una serie di corsi formativi lanciata dalla Caritas e finanziata con i fondi dell’8xmille, in particolare un laboratorio teorico e pratico di apicoltura, risorsa preziosa e ancora poco sfruttata del territorio, e un inedito corso di cucina tradizionale molisana. Temi e argomenti ai quali si è interessata la giornalista Sabina Leonetti.
Perché la paura evocata da don Alberto, non deve paralizzare, anzi, deve essere la molla per rimboccarsi le maniche ed agire, per non essere vittime degli eventi, ma per costruire un futuro diverso e ancora possibile.
«Paesi abbandonati per mancanza di lavoro, dai quali i giovani – di ieri e di oggi – sono costretti a partire per non tornare più – continua don Alberto Conti sulle colonne di “Uniti nel Dono” –. Il continuo impoverimento ha avuto come conseguenza la privazione dei servizi essenziali: ambulatori medici, farmacie, scuole, negozi di alimentari, infrastrutture quasi inesistenti. Le terre una volta coltivate, oggi sono abbandonate e destinate a franare, con conseguenze gravi per la salvaguardia dell’ambiente. Tutto questo genera la crisi delle comunità. L’economia trainante è quella dei pensionati. Per chi resta o ha perso il posto di lavoro in edilizia e artigianato ricollocarsi ad una certa età diventa difficile, quasi impossibile. Come Caritas abbiamo dato vita per questo a tanti progetti, tutti all’insegna della sola parola d’ordine che abbiamo voluto li contrassegnasse: “Resto nella mia terra”, un invito ma anche un impegno comune».
«Da qui sono nati i corsi di operatore socio sanitario per assistenza agli anziani, i corsi di cucina tradizionale e quelli per il restauro del legno, i corsi di scultura e fusione artistica nella Fonderia Marinelli delle campane di Agnone, i corsi di elettricità ed elettronica, i corsi di coltelleria artigianale e tradizionale a Frosolone, i progetti di artigianato perché il Molise in dieci anni ha perso più di 1.600 artigiani, a causa certamente delle tasse, del caro bolletta, della concorrenza della grande distribuzione con la cultura dell’usa e getta, ma anche e soprattutto dell’insufficiente ricambio generazionale – va avanti il sacerdote in trincea –. E non per ultimo l’apiario didattico sorto su di un terreno di proprietà della parrocchia di Castelguidone, con una doppia finalità: insegnare un mestiere a chi ha perso il lavoro e – attraverso le operosità delle api – la cura dell’ambiente».
«La difficoltà maggiore – ancora don Alberto – è trovare gli utenti che rispondano ai nostri progetti formativi. Abbiamo deciso di andare a incontrare le comunità per ascoltare e dialogare, portare speranza, creare occasioni di lavoro puntando sulle proprie capacità e insistendo sulla formazione delle nuove generazioni. Ecco la genesi dei nostri corsi. Non dobbiamo allungare l’agonia: dopo lo spopolamento di massa – conclude don Alberto – urge un ripopolamento di massa, la nostra missione è profetica, porta speranza. Ma tutto deve tornare in mano alla politica, agli enti locali. I segnali arrivano infatti dalle Università che partecipano nelle strategie e nella progettazione. Solo ripristinando dappertutto condizioni di vita ottimali si consentirà a ciascuno di rimanere nella terra dei suoi avi e nella sua casa. Non si promuove vero progresso se si abbandonano a se stessi i più piccoli e gli ultimi».

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