Non si ferma Giada Vitale, alla ricerca di giustizia dopo aver denunciato gli abusi sessuali e le molestie subite da Don Marino Genova durante la sua adolescenza. Ieri mattina, Giada ha confermato al programma Rai ‘Storie Italiane’ che «circa 20 giorni fa abbiamo presentato la terza istanza di riapertura del caso, archiviato per ben due volte». Dopo aver raccontato la storia di molestie e abusi sessuali subiti da Don Marino Genova, attualmente detenuto nel carcere a Rebibbia in seguito alla condanna della Cassazione a 4 anni a 10 mesi, Giada si definisce arrabbiata per tutto ciò che ha subito in questi anni: «Mi è stato attribuito uno stigma che non doveva assolutamente appartenermi, ovviamente ci ha messo del suo la procura che non ha voluto mai approfondire la mia posizione di vittima attraverso una consulenza tecnica. Non sono mai stata sottoposta ad una consulenza da parte della procura, né per i fatti prima dei 14 anni né per quelli successivi. Non c’è stato nemmeno l’incidente probatorio, mi è sempre stato negato». «Mi sento doppiamente vittima – ha dichiarato ancora Giada – Sia degli abusi che di una giustizia sommaria». Don Marino, infatti, è stato condannato solo per gli abusi sessuali avvenuti prima del compimento dei 14 anni di Giada, ma lei chiede giustizia per quelli subìti fino ai 17. Francesco Stefani, avvocato di Giada, parla di come la vicenda sia stata gestita in Molise: «La vicenda in questione è stata gestita malissimo dalla Procura di Larino, perché nelle carte ci sono tutti gli elementi per dire che sarebbe stato necessario operare un approfondimento dipartimentale quindi è incomprensibile.
Capisco che le richieste di archiviazione dei pubblici ministeri debbano essere osservate e rispettate, ma certamente non possono essere condivise nel momento in cui sono errate in modo clamoroso. Il Pm Toncini ha avuto la possibilità di fare questo approfondimento che poteva passare attraverso una perizia, è un’occasione mancata da parte della Procura di Larino. Andrò avanti in tutte le sedi per fare giustizia a Giada». L’intera vicenda viene seguita da Luisa D’Aniello, psicoterapeuta e criminologa, che accompagna Giada da anni: «È stata vittima delle persone che le sono state attorno ma anche del sistema giudiziaria. Se il caso di Giada Vitale fosse un caso studio rappresenterebbe tutto ciò che non va fatto quando ci si trova al cospetto con una problematica relativa ad un abuso sessuale. Giada è stata una vittima che ha dovuto dimostrare la propria innocenza. Siamo partiti malissimo con questo procedimento.
L’imputazione del prete è stata quella di atti sessuali con minore a fronte di un reato più importante come quello di violenza sessuale. Giada non è stata sottoposta a perizia né ad incidente probatorio. Abbiamo presentato due richieste di riapertura d’indagini: la prima è stata archiviata in maniera vergognosa, mi prendo la responsabilità di dirlo, perché si leggeva che il Gip archiviava dicendo che il prete non poteva sapere se Giada Vitale si trovasse in uno stato di soggezione psicologica perché non era uno psicologo, non poteva somministrarle dei test e quindi era un fatto che non aveva una rilevanza penale».

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