L’ingegnere Enrico Mandolesi, negli anni Cinquanta e Sessanta dello secolo scorso, rivoluzionò i concetti di urbanistica ed architettura attraverso un visione razionalista fondata sull’evoluzione del linguaggio e l’innovazione tecnologica. Una delle declinazioni più evidenti di questa concezione è riscontrabile nell’utilizzo del laterizio faccia a vista, tecnica costruttiva sicuramente innovativa per quegli anni quando i manufatti venivano realizzati con laterizi intonacati. Questa tecnica è stata adoperata a Campobasso per gli edifici del Quartiere Cep (Centro edilizia popolare), uno degli esempi più validi di edilizia residenziale popolare, ancora oggi oggetto di studio da parte di studenti di diverse facoltà di Architettura.
Anche la Chiesa di San Giuseppe Artigiano, il mercatino del Cep, il Mercato coperto di via Monforte e il Palazzo ex Ina di Corso Bucci sono opere dell’ingegno dell’illustre urbanista romano, scomparso nel maggio del 2015.
In altre città, a Mandolesi è stato tributato il giusto riconoscimento con convegni ed eventi. A Campobasso si è scelto di condannarlo all’oblio: non c’è una strada o una piazza al Cep che rechi il suo nome. E non poteva essere diversamente. La considerazione che di Mandolesi hanno avuto gli amministratori che si sono succeduti via via a Palazzo San Giorgio è stata da sempre caratterizzata da profonda insensibilità, per non dire ignoranza. A partire da quando gli “illuminati” dell’epoca (1957) pensarono bene di coprire il tetto del Mercato di via Monforte con onduline blu al posto dei coppi previsti dal progettista. Nonostante questa pecca iniziale, la struttura è stata recensita con favore da diverse riviste specializzate e, soprattutto per la concezione dei suoi spazi interni, è considerata ancora oggi un unicum nel suo genere, anche se negli anni ha dovuto fare i conti con interventi non proprio ortodossi, come ad esempio l’eliminazione degli originari banchi vendita di forma circolare, fatti anche questi con laterizi faccia a vista, oppure la scelta di dipingere una delle facciate esterne con un murales dell’artista Ericailcane.
Una decina di anni fa, l’amministrazione Di Fabio tentò di intervenire sul Mercato coperto con un project financing. L’iniziativa fu molto caldeggiata dall’allora assessore al Commercio Carmelo Parpiglia, oggi segretario del Consiglio regionale, consigliere delegato allo Sport (molto apprezzata la sua opera di distribuzione di defibrillatori salva cuore). Il progetto di finanza prevedeva la realizzazione di parcheggi, un cinema, un ristorante ed altre ipotesi di stravolgimento del manufatto. Il progetto rientrava in un programma di riqualificazione urbana che interessava anche Corso Bucci, dove avrebbero dovuto essere allestiti stand per il mercato ambulante e collocate opere di arredo urbano. Per fortuna, non se ne fece più nulla e di quel progetto rimane oggi solo la Fontana di Cacciapesci, posizionata nello spazio antistante l’ingresso del Complesso edilizio denominato la “Città della città”.
Ora c’è un nuovo pericolo che incombe sul Mercato del Mandolesi. È la delibera di giunta 180 del 26 agosto 2016 del Comune di Campobasso, assessore proponente Bibiana Chierchia. Si tratta di interventi che interessano il Mercato coperto, la scuola Notte, il vecchio mattatoio comunale e diversi servizi pubblici da realizzare in zona, per i quali il Comune di Campobasso si è candidato nell’ambito dei “Progetti per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane, dei comuni capoluogo di provincia e della città di Aosta – D.P.C.M. 25 maggio 2016. Programma La periferia come centro”. Per quanto riguarda il Mercato coperto, nella relazione tecnica allegata alla delibera si legge che «la struttura non garantisce la perfetta efficienza statica e non è adeguata alle vigenti norme sismiche, impiantistiche ed igienico-sanitarie».
Ancora: …« verrà realizzato un nuovo solaio, per effetto del quale il piano terra sarà tramutato in un parcheggio ad uso esclusivo degli utenti dell’edificio. Il piano del mercato verrà quindi spostato ad un livello superiore, ricostruendo il ballatoio esistente ad una quota più alta, in modo da cercare di mantenere intatta la percezione spaziale dell’edificio».
In effetti, in quel «cercare di mantenere intatta la percezione spaziale dell’edificio» sta l’ammissione implicita che il Mercato non sarà più come Enrico Mandolesi lo volle, perché la realizzazione di 70 parcheggi, la costruzione di un nuovo solaio, lo spostamento del piano mercato ad un livello superiore modificheranno di fatto tutta la spazialità interna del manufatto, che è poi la sua peculiarità più pregevole, ad iniziare dalla disarmonia che verrà a determinarsi tra nuovi piani e vetrate. Basterebbe andare giù di qualche metro, ammesso che i parcheggi siano davvero indispensabili, e riqualificare lasciando tutto com’è adesso. Purtroppo, la struttura non è sottoposta a vincolo, in quanto il Mibact ha più volte chiarito che è confermata a settant’anni dalla costruzione la soglia per considerare vincolato un bene pubblico, per cui il vincolo sul Mercato coperto scatterà nel 2027. Vincolo o non vincolo, è soprattutto una questione di cultura. In altre città, da anni si lavora con progetti di restauro e risanamento conservativo che prevedono interventi edilizi tesi a conservare e recuperare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere nel rispetto, però, degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso. L’obiettivo è quello di conservare, recuperare e valorizzare i caratteri dell’edificio, soprattutto quei caratteri di interesse storico, artistico, architettonico o ambientale, obiettivo al conseguimento del quale dovrebbero tendere Battista, Chierchia e tutte le altre intelligenze che abbiamo la fortuna di avere a Palazzo San Giorgio. E pensare che un’operazione del genere è stata fatta a poche decine di metri dal Mercato coperto con il Palazzo ex Gil! Reputiamo, pertanto, che sia tutta da respingere l’aberrante idea progettuale proposta dalla Chierchia che, qualora venisse portata a compimento, andrebbe a cancellare, in un sol colpo, l’ingegno architettonico dell’illustre urbanista. La cara Bibiana, da parte sua, è entusiasta di quella che lei definisce una «determinante riqualificazione urbana». Il 12 luglio scorso, di buon’ora, alle 7.51, pubblica sulla sua pagina Facebook il seguente post: «Al centro del nostro centro città c’è un luogo che ci stiamo abituando a frequentare come altro e come aperto. Lo abbiamo scelto come cuore di una determinante riqualificazione urbana che permetterà al mercato coperto ideato e realizzato (sic! ndr) da Mandolesi di tornare a pulsare e a farsi abitare e animare da attività produttive, sociali, culturali artistico/ricreative. Buonagio’».
Prescindendo da un certo swing lessicale di cui si serve l’autrice del post quando parla di «un luogo che ci stiamo abituando a frequentare come altro» – ma in questo caso, è un nostro limite il non sapere cogliere compiutamente le sfumature del linguaggio web – ci permettiamo di far notare all’assessore che Mandolesi è stato sì il progettista del Mercato coperto, ma non ci risulta che lo abbia «realizzato», come lei sostiene, né come titolare di impresa di costruzione, né tantomeno come muratore.
Tornando al progetto di “squalificazione” del Mercato di via Monforte, va rilevato come l’amministrazione Battista tiri dritto per la sua strada con pervicacia e protervia, malgrado il coro di dissenso e di proteste che il caso sta suscitando da parte di professionisti, associazioni, cittadini. Dopo l’affidamento dell’incarico ad un pool di progettisti per lo studio di fattibilità tecnica ed economica, si è proceduto all’approvazione dell’atto deliberativo nell’agosto 2016, è stata presentata la candidatura della città di Campobasso al Programma “La periferia come centro” e si è ora in attesa degli ulteriori adempimenti burocratici che dovrebbero concludersi con la firma della convenzione e l’assegnazione dei finanziamenti, circa 25 milioni di euro, più di 9 milioni e mezzo dei quali destinati alla riqualificazione del Mercato e delle aree di pertinenza. Dunque, a meno che non venga rivista l’idea progettuale e sempreché il Comune di Campobasso sia ammesso al Programma ed arrivino i relativi finanziamenti, dovremo dire addio ad una delle opere più significative dell’architettura degli anni Cinquanta a Campobasso, la cui tipologia non ha riscontro in nessun altra città d’Italia. E l’amministrazione Battista potrebbe passare alla storia come quella che ha storpiato Mandolesi.
Sebastiano Pollione

Un Commento

  1. wanderer scrive:

    Per fortuna, non se ne fece più nulla e di quel progetto rimane oggi solo la Fontana di Cacciapesci…..Ma che c@@@@ dici e scrivi, hai visionato il progetto dell’epoca? Vabbè lasciamoli li, quei mattonacci a faccia vista…

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.