I giudici del Tribunale amministrativo hanno scritto un nuovo capitolo sulla vicenda dell’ex Cinema Ariston. Con la sentenza numero 3/2018 pubblicata ieri il Tar Molise, condividendo le obiezioni sollevate dal Comune di Campobasso (rappresentato dagli avvocati Matteo Iacovelli e Leandra Fiacco) e dal Codacons (rappresentato dai legali Pino Ruta, Massimo Romano e Carlo Rienzi), ha confermato l’illegittimità del titolo edilizio che permetteva alla società (proprietaria dell’immobile già adibito a cinema, difesa dall’avvocato Salvatore Di Pardo), «di trasformare la struttura esistente in un mega condominio alto nove piani al centro della città, in spregio – commentano gli avvocati Massimo Romano e Giuseppe Ruta – alle più elementari norme urbanistiche ed edilizie, sottraendo peraltro la struttura alla fruizione collettiva e accentuando in modo oltremodo insostenibile il carico urbanistico già gravante sull’area e sulle piccole strade che circondano il fabbricato. Sarebbe stato un duro colpo all’assetto della pianificazione del centro cittadino, fortunatamente scongiurato dall’intervento del Comune e del Codacons.
L’operazione immobiliare era stata resa possibile, tra l’altro, anche dall’inserimento di una norma nella legge regionale “Piano casa”, di seguito dichiarata incostituzionale, che permetteva, proprio grazie agli effetti deleteri del cd. piano casa, la realizzazione di edifici anche in deroga alle più elementari regole costruttive stabilite a livello nazionale. Proprio grazie a questa ‘originale’ norma della legge regionale, approvata dai legislatori molisani forse un po’ troppo frettolosamente e acriticamente, sarebbe stato infatti possibile costruire, in una strada centrale, larga solo tre metri, un edificio alto nove piani a pochi metri di distanza dagli altri fabbricati adiacenti, con buona pace dei cittadini (soprattutto residenti) e delle esigenze di viabilità e traffico (veicolare e anche pedonale), costretti a subire l’accentuarsi di quei disagi, anche igienico sanitari, conseguenti all’attuazione di interventi edilizi privi dei più elementari standard urbanistici ed edilizi. Norma, come detto, poi fortunatamente dichiarata incostituzionale. Forse sarebbe il caso di recuperare dal dimenticatoio, riportandola all’attualità, l’urgente attuazione, già sollecitata dal Codacons, della legge regionale 22 ottobre 2004, n. 24, che regolamenta l’attività dei portatori di interessi privati (cd. lobbies) rispetto alla politica, proprio per rendere trasparente e soprattutto tracciabile il “contatto” tra soggetti esterni alla Pubblica Amministrazione e gli organi istituzionali, a tutela dell’imparzialità e del buon andamento di cui all’articolo. 97 della Costituzione.
Dunque, a pochi giorni di distanza delle notizie trionfalistiche (apparse un po’ dappertutto e con grande enfasi) che avevano già dato per scontato l’abbattimento dell’Ariston per dar luogo alla realizzazione di un palazzone, sembra, invece, che la situazione sia alquanto diversa e che l’annullamento del titolo edilizio, ritenuto legittimo dal Tar a tutela di interessi pubblici e collettivi, ponga uno stop all’operazione, evitando l’ennesima e invasiva colata di cemento al centro della città».
Di diverso avviso l’avvocato Salvatore Di Pardo: «Con la sentenza emessa ieri i giudici hanno accertato la violazione della disciplina sulle distanze tra i fabbricati» e sancito che sussistono «tutte le condizioni di legge per il legittimo esercizio del potere di annullamento in autotutela del titolo edilizio formatosi mediante silenzio assenso da parte dell’amministrazione comunale».
Ma hanno altresì stabilito solo «la necessità di una rielaborazione integrale del progetto e l’avvio di una nuova istruttoria».
In sostanza, il progetto va rivisto, limitandone le cubature, fermo restando che l’edificio può essere abbattuto.

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