Nuova sospensione del procedimento che riguarda la centrale di derivazione e pompaggio Pizzone II. Il ministero dell’Ambiente ha concesso ulteriore tempo alla società Enel Green Power per modificare il progetto che prevede l’ampliamento della centrale idroelettrica che sfrutterà gli invasi di Castel San Vincenzo e Pizzone. Tempo utile a svolgere rilievi e indagini. Tempo che scade il 31 agosto: la deadline per la presentazione del nuovo progetto che aveva anticipato l’assessore regionale competente, Andrea Di Lucente, in Consiglio regionale martedì scorso, nel rispondere all’interpellanza presentata dalla capogruppo Pd Alessandra Salvatore.
Qualche dato ulteriore da sottolineare ci sarebbe, ma ovviamente non attiene alle questioni burocratiche: il nuovo progetto è stato discusso, seppure a grandi linee, davanti alle amministrazioni di Castel San Vincenzo e Pizzone. Lì, i funzionari Enel hanno illustrato le modifiche (che avrebbero apportato per recepire le osservazioni presentate al progetto iniziale, una valanga di no). Evidentemente, potrebbe esserci ancora da compiere lo studio sull’intorbidimento delle acque degli invasi (annunciato nel corso dei due incontri). E, chissà, magari si vorrà sfruttare questo tempo per proseguire il confronto parlando anche di opere compensative, un tema rimasto sempre sullo sfondo ma assolutamente presente. E chissà, forse in questi mesi, si risolveranno la faccenda dei 6 milioni di euro che Enel dovrebbe versare alla Regione Molise, le questioni delle concessioni e della proprietà delle opere. Insomma, sette mesi che potrebbero servire a dipanare ulteriormente la matassa.
Il Coordinamento No Pizzone II, ovviamente, torna ad alzare la voce, dopo la notizia della nuova sospensione del procedimento. E mette sul banco degli imputati l’iter seguito. Che non sarebbe corretto.
«L’Ente, per legge, avrebbe dovuto obbligatoriamente archiviare l’istanza come prevede inequivocabilmente la norma sulla Via – tuonano dal Coordinamento -, invece ha incredibilmente accettato. Infatti la proroga concessa è di 231 giorni che, sommati alla prima proroga chiesta il 13 settembre 2023, significano un totale di 353 giorni.
Riteniamo che l’ulteriore sospensione sia contraria alle norme che disciplinano il procedimento di valutazione d’impatto ambientale – proseguono – per i progetti ricadenti nel Pniec-Pnrr nell’ambito dei quali i giorni di sospensione massimi previsti sono 120 come recita in maniera inequivocabile l’art.24 del Testo unico dell’ambiente, pena, secondo la norma, l’obbligatoria archiviazione del progetto in mancanza della documentazione.
I dirigenti ministeriali quali norme stanno applicando? – si chiedono quindi dal Coordinamento No Pizzone II -. Tra l’altro l’Ente Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise, autorità con competenze ambientali, ha dichiarato il progetto improcedibile. Pertanto il Ministero avrebbe dovuto semplicemente archiviare definitivamente il procedimento visto che le norme generali della pubblica amministrazione vietano di appesantire inutilmente i procedimenti amministrativi. Comprendiamo che Enel abbia rilevanti interessi economici nel portare avanti l’iniziativa sempre e comunque, ma il Ministero dovrebbe applicare quanto previsto dalle norme poste a tutela dell’ambiente».
Il Coordinamento No Pizzone II, quindi, stigmatizza l’iter procedurale seguito dal Mase, In pratica una sorta di sfida alle normative vigenti.
«Di fronte al comportamento del ministero dell’Ambiente – proseguono gli attivisti del Coordinamento – su cui ci riserviamo di agire nelle sedi opportune, anche impugnando gli atti illegittimi, siamo noi a invitare l’Enel a ritirare definitivamente il progetto».
Ma c’è di più. «Il Coordinamento No Pizzone II, già contrario al progetto iniziale, considererà inaccettabile qualunque progetto uscirà dal cappello dell’Enel – annunciano -. I motivi sono chiari poiché sarebbe realizzato bucando la montagna in un’area di notevole pregio ambientale, interna ai confini del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e della sua area contigua, sottoposta anche a ulteriori vincoli ambientali europei (Sic, Zps, Iba) e nazionali (paesistici, idrogeologici, antisismici).
L’area è il regno dell’orso bruno marsicano, dell’aquila reale, del camoscio d’Abruzzo e di tantissime altre specie, che non possono certo convivere con il notevolissimo disturbo che sarà arrecato loro – sottolineano -. Anni e anni di cantieri intorno ai laghi di Castel San Vincenzo e della Montagna Spaccata comprometteranno il turismo sostenibile – concludono -, unica possibilità per contrastare la depressione socio economica e lo spopolamento del territorio».

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