Due maestre di 42 e 62 anni, entrambe residenti in provincia di Benevento, ma che fino giugno dello scorso anno prestavano servizio a Cercemaggiore, rischiano il processo con l’accusa di “maltrattamenti aggravati”.
La Procura di Campobasso ha chiuso le indagini e chiesto il rinvio a giudizio. L’udienza preliminare, già fissata per lo scorso 26 gennaio ma poi spostata, si terrà il prossimo 25 maggio.
I fatti risalgono a circa un anno fa, quando un gruppo di 7-8 mamme decise di denunciare lo strano atteggiamento dei figli alla stazione dei carabinieri di Cercemaggiore. Bimbi vivaci e molto “svegli”, certo, come lo sono tutti i piccoli nati negli ultimi anni. Che pare avessero perso la vivacità per assumere atteggiamenti remissivi, di sottomissione, paura, spavento, terrore, al minimo richiamo in famiglia.
«Quando accadeva che rimproveravo la mia piccola bimba per una banale marachella, ma anche quando mi avvicinavo per accarezzarla – racconta una mamma che si è rivolta alla magistratura – o si proteggeva il volto con le mani o correva a nascondersi dietro una tenda o dietro una porta, assumendo la posizione e l’atteggiamento di chi è in castigo. Accadeva che si svegliava di soprassalto durante la notte e implorava aiuto. La vedevo molto cambiata, spesso terrorizzata, e non riuscivo a capire cosa c’era che non andava».
Parlando tra loro due mamme realizzano che il disagio manifestato dai propri bimbi era il medesimo. Da qui la decisione di chiedere ad altri genitori, trovando ulteriori riscontri.
I bambini, di età tra i 3 e 6 anni, frequentavano la stessa sezione dell’asilo. Qualcuno tra gli scolaretti, sollecitato a casa, racconta sommariamente cosa accadeva in classe.
Un veloce giro di consultazioni e le mamme decidono di chiedere aiuto ai carabinieri. I militari di Cercemaggiore e quelli della Compagnia di Bojano avviano le indagini, installando a fine dicembre 2019 alcune microspie nella classe dei piccoli.
Considerando le festività natalizie e la successiva sospensione delle attività in presenza dovuta al lockdown, l’attività degli inquirenti dura pochi giorni, sufficienti comunque a raccogliere indizi e prove contro le due insegnanti: bambini costretti a stare in castigo con il viso rivolto al muro o all’armadio per diverso tempo, schiaffi, capelli tirati, percosse con qualsiasi oggetto le due donne avevano a portata di mano. Minacce, divieti di pronunciare parola. Insulti e appellativi rivolti agli scolaretti di cui non c’è traccia in nessun manuale educativo.
L’avvocato Luigi Coscia del foro di Larino che patrocina gli interessi di due famiglie è molto cauto. Ma allo stesso tempo determinato perché, spiega, «i filmati acquisiti durante la fase delle indagini sono inequivocabili e sono convinto che ci siano tutti i presupposti per ottenere il rinvio a giudizio. Certo, parliamo di bimbi vivaci. Qualcuno anche di più rispetto agli altri. Dalle prove raccolte è tuttavia evidente l’abuso di mezzi di correzione. Non si tratta di singoli episodi, ma di una intollerabile sequenza ripetuta e continuata. È evidente il clima pesante istaurato in quella classe dalle due insegnanti. Un clima che ha avuto pesanti ripercussioni nei comportamenti dei bimbi in ogni altro ambiente diverso da quello della scuola».
La richiesta di rinvio a giudizio reca in calce la firma del sostituto Barbara Lombardi, che ha coordinato la fase delle indagini. Ma anche quella del procuratore della Repubblica di Campobasso Nicola D’Angelo.
«La firma del procuratore D’Angelo accanto a quella del sostituto Lombardi – conclude l’avvocato Luigi Coscia – rafforza la convinzione che le prove raccolte sono valide».
Il rinvio a giudizio (o meno) e l’eventuale condanna delle due maestre non metterà comunque fine alla sofferenza dei bimbi il cui disagio, a distanza di un anno, è tuttora evidente.
«La nostra bimba – confida ancora la mamma – è in cura presso una psicoterapeuta infantile. Il suo atteggiamento è sempre molto remissivo. Si spaventa per nulla, è terrorizzata anche quando a casa alziamo la voce solo perché un altro rumore o la tv troppo alta non ci consente un tono normale. Anche io e il papà siamo molto provati e logorati dal rimorso. La piccola all’epoca aveva appena tre anni e non abbiamo fatto nulla per proteggerla. E chi doveva proteggerla ed educarla non ha fatto il proprio dovere».
La giovane mamma è molto indispettita dall’atteggiamento della scuola, scuola intesa come istituzione. «Ho la sensazione che ci guardino, in particolare a noi che ci siamo rivolte ai carabinieri, con diffidenza. Non lo so, per loro è come se avessimo esagerato. Come se dovevamo evitare di informare la magistratura e risolvere la cosa diversamente. Io sono indignata. E la mia indignazione è cresciuta dopo aver visionato i filmati e sentito le urla delle maestre che accompagnavano maltrattamenti di ogni genere. È mai possibile che gli altri insegnanti e il personale che a vario titolo lavora in quel plesso non abbiano sentito nulla? È difficile crederlo e questo aggiunge dolore al dolore».
La donna ricorda quei giorni, i primi riscontri. La necessità di continuare a portare i bimbi all’asilo per non compromettere le indagini. «È stato drammatico, non lo auguro davvero a nessuno. Un inferno, ogni giorno un inferno. Ricordo che spesso giravo in auto nei pressi dell’asilo, tenendomi a debita distanza. Era un modo come l’altro per stare vicino alla mia bambina sapendo quello che accadeva in quell’aula. Probabilmente, e per questo sento il dovere di ringraziarlo pubblicamente, la forza a me e alle altre mamme l’ha data il comandante della Stazione dei Carabinieri di Cercemaggiore. Ci ha rassicurate, dandoci in ogni istante la certezza che lo Stato era lì con noi e stava proteggendo i nostri piccoli figli».
Il comandante dell’Arma di Cercemaggiore è il maresciallo Rosario Farnitano, il comandante della compagnia di Bojano è il capitato Edgar Pica.
Tutti i genitori, non solo quelli che hanno presentato la denuncia, si sono costituiti parte civile.
ppm

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