Nessuno si sente inopportuno a commentare la morte di Marco Pannella. Politici, rappresentanti istituzionali molisani lo fanno volentieri. In fondo sono, tutti loro, italiani per cui il leader dei Radicali ha significato molto. Al di là degli schieramenti. La cifra del ‘profeta dei diritti civili’ è proprio questa: aver contato nella vita di tutti.

Italo Di Sabato lo ha incontrato a novembre, a Teramo. Un dibattito su temi oggi scomodi più di ieri: amnistia, indulto ‘contro’ la criminalizzazione delle rivolte sociali. “Ricordo l’ultimo caffè preso insieme. Lo vidi bene, non sembrava alla soglia degli 86 anni e glielo dissi. Gli avevo chiesto di intervenire, lo fece. Era arrivato a sorpresa. La sua voce mancherà”. Ex assessore ed ex segretario di Rifondazione Comunista, Di Sabato considera “una fortuna” averlo conosciuto. “Abbiamo avuto momenti di grande condivisione e grossi contrasti politici. Una grande persona senza dubbio, tanto ha fatto per i diritti civili in questo Paese. Se non ho indossato la divisa militare lo devo a lui, alla sua battaglia vinta per l’obiezione di coscienza. E poi l’impegno per il miglioramento delle condizioni carcerarie. Una delle figure più importanti del secolo scorso. Mancherà soprattutto ora che garantismo è diventato sinonimo di rivoluzione e radicalismo, che le lotte sono considerate solo un problema di ordine pubblico e non istanze territoriali e rivendicazioni di diritti. Era un interlocutore dei movimenti”. Il feeling cominciò nel 1983 quando i Radicali candidarono Toni Negri. Di Sabato era militante di Democrazia proletaria. “Facemmo un patto di desistenza nei fatti, apprezzando il coraggio di Pannella e dei Radicali. Come pure apprezzammo la candidatura di Enzo Tortora al Parlamento europeo”. Lontani, invece, in politica estera.

Danilo Leva, deputato del Pd, ha conosciuto e lavorato insieme a Pannella nel periodo in cui era responsabile Giustizia dem nella segreteria di Bersani. “Oggi – dice – per me non è una bella giornata”. Le sue frequenze, sui temi più spinosi della giustizia, non sono mai state lontane da quelle dei Radicali. “Con Pannella – aggiunge – se ne va un pezzo dell’Italia migliore che lui stesso ha contribuito a costruire”.

Nato a Teramo il 2 maggio del 1930, si laurea in legge nel 1950. Nel 1955, fonda il Partito Radicale insieme a Pannunzio, Ungari, Scalfari, Carandini, Cattani. Diventa segretario nel 1963, dopo un’esperienza a Parigi come corrispondente del Giorno. Già nel ‘65 comincia la campagna divorzista con Loris Fortuna. Nel 1968 viene arrestato a Sofia dove contesta l’invasione della Cecoslovacchia, lì scatta il primo grande digiuno gandhiano. “Digiuni di proposta, non di protesta”, ama rimarcare. Nel 1974 conduce l’iniziativa per il no all’abrogazione del divorzio. Un anno dopo, inizia quella per la depenalizzazione delle droghe facendosi arrestare per aver fumato uno spinello in pubblico. Nel 1981 la vittoria al referendum per il no all’abrogazione dell’aborto. Negli anni Novanta trasforma i radicali in un partito transazionale, allargando il campo delle sue battaglie alla lotta contro la pena di morte e contro la fame nel mondo. Eletto alla Camera per la prima volta nel 1976, è deputato per cinque legislature.

“Ho avuto modo di parlare più volte negli ultimi tempi con lui, anche in questi giorni di sofferenza. Non ha mai smesso di pensare al domani – il messaggio del Capo dello Stato Mattarella -, un domani migliore per il nostro Paese. Protagonista della politica italiana, senza mai essere legato al potere, ha combattuto battaglie di grande importanza, particolarmente nel campo dei diritti. Ha rappresentato con passione tanti cittadini, riuscendo non di rado a trasformare una condizione di minoranza nell’avvio di processi di cambiamento”. Tra i primi a commentare la notizia della morte – ieri intorno alle 14 – il premier Matteo Renzi (che era stato a trovare Pannella a casa a marzo). “È la scomparsa di un grande leader italiano, che ha segnato la storia del Paese. Vorrei a nome mio personale e del governo e della forza politica che rappresento fare un grande omaggio alla storia di questo combattente e leone della libertà”.

Le trova assolutamente calzanti, queste due espressioni “combattente e leone della libertà”, il governatore del Molise Paolo Frattura. “Danno l’idea precisa di cosa è stato Marco Pannella. Della grinta e della determinazione con cui ha inciso nella storia del nostro Paese. E lo ha fatto sempre fuori dagli schemi e dai luoghi comuni. Era abruzzese, poco si dice questa cosa e mi va di sottolinearla. Determinato, come tutti noi eredi dei Sanniti, nelle battaglie che ha condotto e vinto per il progresso civile dell’Italia”.

Per il presidente del Consiglio regionale Vincenzo Cotugno, il leader dei radicali scomparso ieri ha “scritto pagine di storia dell’Italia prima che della politica nazionale. Una figura che si è contraddistinta per le battaglie etiche, come il divorzio, e per i diritti civili. Provo un senso di profondo rispetto, si può non essere d’accordo con le sue idee politiche o su certi atteggiamenti, ma ha fatto la storia del Paese. Credo vada ricordato per quello che è stato, un grande”.

Non ha avuto i riconoscimenti che meritava, ha detto Emma Bonino. In tanti avevano chiesto per lui la nomina a senatore a vita. Gli inquilini del Colle gli hanno sempre, alla fine, preferito altri.

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