Nei palazzi della politica a farla da padrona è l’attesa. A Roma più che a Campobasso, ma anche nel Molise che sarà chiamato a rieleggere il presidente e i consiglieri regionali trattative e alleanze in queste ore sono sospese: si aspetta di capire come va in Sicilia.
La sfida per il governo dell’Isola – i cui risultati elettorali hanno sempre dato indicazioni importanti per i successivi test nazionali – sembra ristretta a Musumeci (candidato di tutto il centrodestra) e Cancellieri (M5). Il centrosinistra, diviso, si è presentato con Micari (appoggiato da Pd e Ap) e Fava (sostenuto da Mdp, Sinistra italiana e Rifondazione). Oggi il verdetto che offrirà numerosi spunti.
Sfida nella sfida, per esempio, quella che riguarda il risultato di Alternativa popolare. Dal gradimento dei siciliani all’asse Alfano-Renzi dipenderanno anche equilibri e leadership (e quindi alleanze per le politiche e le altre regionali) all’interno del partito del ministro degli Esteri. Se Alfano resta il capo, resiste anche il patto col Pd renziano. Se, invece, prenderà piede la proposta di Lupi, che ha tutt’altra impostazione, Ap potrebbe spostarsi al centrodestra. In questo caso cosa accadrà in Molise? Ad Ap ha aderito di recente – e ha già fatto molti proseliti – l’assessore alle Infrastrutture Pierpaolo Nagni. Uno dei più fedeli alleati del governatore Frattura. Che farebbe Nagni in caso a Roma cambiasse la posizione dell’ex Ncd? Il lasciapassare per alleanze territoriali ‘libere’ c’è già. Ma non si possono escludere sorprese.
È proprio l’area dei moderati la più attiva in queste ore. Pur in attesa di come andrà in Sicilia, i big e i colonnelli delle formazioni di centro si muovono sul territorio per preparare la proposta politica.
Per il Parlamento, è quasi certo, si voterà a marzo. Per le regionali, invece, sarebbe in discussione l’ipotesi di uno slittamento di qualche mese: Molise, Lazio e Lombardia potrebbero votare a giugno insieme alle amministrative.
Date a parte, però, le grandi manovre sono iniziate. È di queste ore una novità che riguarda proprio i moderati e vede protagonista uno degli uomini forti del gruppo di Verdini. Si tratta del senatore Francesco Maria Amoruso. Pugliese di Bisceglie, imprenditore, deputato dal 1994 per An, Pdl e Forza Italia. Amoruso ha una lunga esperienza amministrativa: vicesindaco di Bisceglie, candidato alle provinciali nel 2004 e per anni coordinatore regionale di An e Pdl. Poi ha scelto di lasciare gli azzurri. Amoruso sta lavorando al raccordo di idee e iniziative territoriali che possano essere utili a qualificare la proposta per il Parlamento. Venerdì sera è stato in Molise dove ha incontrato esponenti importanti della politica locale: amministratori e coordinatori di partiti e movimenti. L’obiettivo della sua azione di scouting è trovare candidati che possano incarnare l’idea di una rappresentanza nuova alle Camere, fuori dai vecchi schemi e al di fuori, dunque, della solita rosa di nomi (di uscenti, candidati naturali ed eterni candidati).
In Molise era già stato una sola volta, ha raccontato a Primo Piano Molise Amoruso a margine del summit in un piccolo centro dell’hinterland campobassano che ha previsto anche un momento conviviale: venne con Pinuccio Tatarella durante la campagna elettorale del 1994, era in corsa Eugenio Riccio. Durante il viaggio Tatarella lesse un articolo di Rino Fisichella che auspicava una ‘alleanza nazionale’ per il Paese. Così nacque il nome del partito di Fini, a Tatarella quell’alleanza nazionale piacque subito. Amoruso ha confermato il clima di attesa che si respira, la necessità di leggere i dati delle urne siciliane per analisi più complete e compiute. Un rimprovero al Pd di Renzi? Di non aver realizzato il partito della nazione. A cui guardavano non solo gli uomini di Verdini ma molti centristi. Nel centrodestra c’è da capire come evolverà la battaglia per la leadership. E per Ap come andranno le cose in Sicilia. Severo il giudizio sui 5 Stelle, che per il senatore hanno dimostrato, dove governano, di non essere all’altezza. «Promettono cose irrealizzabili o anche dannose, come il reddito di cittadinanza. Dannoso perché fra le altre cose disabitua alla necessità di cercare un lavoro o inventarsi un’attività. E oltre tutto non spiegano come lo finanzierebbero, come lo realizzerebbero», le sue parole.
Non è un regionalista, Amoruso. La sua idea è piuttosto quella di ridare dignità e centralità ai territori. Arrivando dalla Puglia, ha attraversato strade dissestate, alcuni tratti neanche asfaltati (la famosa frana di Pietracatella). La dannazione del Molise. «La cosa più importante per i territori sono le infrastrutture. Senza infrastrutture non ci può essere sviluppo». Anche per questo, per riportare questi temi nell’agenda parlamentare, Amoruso punta a costruire dal basso una proposta e una candidatura che possa dare al Molise una ventata diversa, una novità assoluta. Una persona capace, un volto nuovo e non politico. Il senatore lo ha già individuato: c’era anche lui all’incontro di venerdì sera. Ma, almeno per ora, le bocche restano cucite. Si sa solo che sarà in corsa per Palazzo Madama.

ppm

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