Il ‘la’ alle domande politiche lo dà lui stesso tornando sulla vicenda del gestore unico: la giunta propone una gara con doppio lotto, il ddl viene stravolto in Consiglio coi voti di tre esponenti della maggioranza. Resta il gestore unico.
Ma Donato Toma, oltre a ribadire di non essere convinto che sia la scelta tecnicamente migliore, nella conferenza stampa di fine anno chiarisce pure che «ci sono aspetti di questa vicenda che mi lasciano perplesso e andrò fino in fondo, sotto l’aspetto politico, amministrativo» e sotto altri aspetti.
Iorio, Aida Romagnuolo e Calenda (quest’ultima autrice dell’emendamento che ha messo in minoranza il governatore e l’esecutivo) hanno espresso così il dissenso. Fisiologico che ci sia, ma va espresso nelle sedi opportune. È l’ennesima frecciata all’ex presidente, assente agli incontri del centrodestra. Anzi, ha rivelato Toma nel corso di una recente puntata di Conto alla Rovescia, si è cancellato pure dal gruppo whatsapp. «Si viene in riunione di maggioranza, ci si alza e si dice: non condivido per questi motivi. Criticare sui giornali e in televisione, diciamo a spot, lo considero un incidente di percorso. Farò in modo che non capiti più».
Il tagliando alla giunta, che il capo di Palazzo Vitale conferma ci sarà a breve, appare strategico per gli equilibri di una maggioranza fin qui poco coesa: 11 uomini in Consiglio, un rischio troppo grosso. Perché basta un’assenza o un dissenso in più, come nel caso di Calenda sui trasporti, e si va sotto.
«Mi raccoglierò in meditazione, sto pensando al convento di Casacalenda – scherza Toma – che ha delle belle cellette… Vanno riequilibrate le deleghe, va rivista la formazione della giunta. Che potrebbe variare. Potrebbe esserci una donna…», dice dopo aver ribadito la sua contrarietà alle quote rosa per legge. Crede nelle capacità delle persone, spiega. E aggiunge che il tagliando, la meditazione quindi, riguarderà anche l’assetto della struttura: entro il 6 febbraio deve rinominare i capi dipartimento e il dg Salute. «La macchina va rivista dalle ruote fino alla capotte…».
Se la giunta cambierà sarà lui da solo a deciderlo. Nessun coinvolgimento preventivo dei partiti. Il destino dell’esecutivo «sarà solo l’esito della mia meditazione. E spiego perché. Perché la situazione che prenderò a riferimento è quella del 22 aprile 2018». Il risultato delle regionali, le performance delle liste e quindi il partito o movimento di elezione. Le dichiarazioni successive di appartenenza ad altri partiti, e cita negli esempi Fratelli d’Italia, «lasciano il tempo che trovano». Balza agli occhi quel ‘Fratelli d’Italia’: il partito di Meloni, dopo il 22 aprile 2018, ha acquisito l’adesione di Scarabeo (eletto con Forza Italia a Palazzo D’Aimmo) e quella non formale, di fatto una vicinanza inaugurata alle europee (con Fitto candidato in Fdi) di Iorio. Non per questo, sembra di capire, Fratelli d’Italia (che con Pallante ha la casella del sottosegretario) può accampare pretese maggiori o diverse: «Ad oggi l’unica situazione politicamente certificata è quella del 22 aprile 2018». Avvisi chiari ai dissidenti: Toma non vuol essere ostaggio di nessuno.
Gli indizi, in caso di staffetta in giunta, portano ancora una volta a Mazzuto. Se cambio, ripete Toma, «non significherà che qualcuno ha sbagliato». Su chi potrebbe subentrare all’ex coordinatore della Lega Molise le voci si rincorrono e l’apertura alla quota rosa legittima a pensare che Toma possa aver avuto una ‘pazza idea’: promuovere una delle due elette col Carroccio, poi espulse e spesso spina nel fianco della maggioranza.

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