La metà della platea dei teorici destinatari del reddito di cittadinanza potrebbe essere composta da persone che lavorano in maniera irregolare e che, in sostanza, non ne avrebbero diritto.
È lo scenario ipotizzato dalla Cgia di Mestre che ammette: «A causa dell’assenza di dati omogenei relativi al numero di lavoratori in nero che si trovano anche in stato di deprivazione – afferma il coordinatore dell’ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo – non possiamo dimostrare (lo scenario, ndr) con assoluto rigore statistico». In Molise, secondo un’elaborazione dell’associazione degli artigiani su dati Istat, nel 2016, ultimo anno in cui è disponibile una distribuzione territoriale, erano 17mila i lavoratori occupati irregolari che avrebbero generato un valore aggiunto sommerso pari al 7% del Pil regionale. In questa classifica il Molise si posiziona al quinto posto, insieme alla Sardegna, nella graduatoria nazionale del sommerso. La regione più a rischio è la Calabria che presenta 140.700 lavoratori in nero, ma un’incidenza percentuale del valore aggiunto da lavoro irregolare sul Pil regionale pari al 9,4%. Risultato che è quasi doppio rispetto al dato medio nazionale (5,1%). Segue la Campania che, con 372.600 unità di lavoro irregolari, produce un Pil in “nero” che pesa su quello ufficiale per l’8,6%. Al terzo posto di questa particolare graduatoria troviamo la Sicilia, nello specifico con 303.700 irregolari e un peso dell’economia sommersa su quella complessiva pari all’ 8,1%.

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