Le pensioni del futuro? Quelle dei comuni mortali, sempre più magre. Soprattutto quelle di chi oggi ha meno di 35 anni che saranno calcolate interamente col metodo contributivo introdotto dalla riforma del governo Dini.
Il metodo contributivo lega l’importo dei futuri assegni ai versamenti previdenziali effettuati nel corso della carriera. Più si versa, più alta sarà la pensione. Prima del 1995 era in vigore il ‘retributivo’: l’importo era collegato alla media degli stipendi percepiti dal lavoratore prima di andare in pensione. Altra nota dolente, dalla riforma in poi, è la rivalutazione. Alla somma dei contributi versati, che già risente della precarietà occupazionale che sta caratterizzando gli ultimi anni, si somma l’effetto della variazione media del Pil che rivaluta il conto contributivo: se il prodotto interno lordo cresce poco anche i contributi accantonati dai lavoratori si rivalutano poco.
Secondo stime attendibili, per fare esempi concreti, una persona che percepisce un reddito medio di 10mila euro netti all’anno (poco più di 800 al mese) avrà un assegno pensionistico – dopo 35 anni di contributi e comunque non prima del compimento di 69 anni e 8 mesi – di 650 euro. Ciò se andasse in pensione oggi. Quello che accadrà tra 40 anni (ovvero quando il ‘nostro’ andrà in pensione) è difficile prevederlo.
Cifre risibili rispetto ai vitalizi che sono le uniche pensioni rimaste retributive. Simbolo del privilegio della casta, sono tornati sotto i riflettori in questi giorni: vitalizi parlamentari, vitalizi degli ex consiglieri e assessori regionali. Si tratta di quelli già maturati, dal 2012 in Molise regionali sono stati aboliti. Gradualmente poi è avvenuto nelle altre Regioni e in Parlamento: anche onorevoli & Co. sono passati al sistema contributivo. Ma i fortunati scampati alla riforma possono contare su assegni mensili (o potranno farlo quando arriveranno all’età giusta) da nababbi rispetto alle rendite dei comuni mortali.
Secondo i diretti interessati i vitalizi sono diritti acquisiti, quindi intangibili. Ex consiglieri e parlamentari difendono coi denti gli assegni, anche nei tribunali se le Regioni provano a toccarli o ritoccarli. Figurarsi eliminarli con effetto retroattivo. Ma sta montando sempre più un sentimento di grande insofferenza. Perché a fronte di quei 650 euro che un giovane prenderà a circa 70 e dopo 35 di contributi, l’assegno meno sostanzioso che la Regione stacca per i suoi ex inquilini è di 2.150 euro lordi mensili (assegno maturato con appena cinque anni di ‘lavoro’ in Consiglio regionale). Da più parti arriva la richiesta di rinunciarvi, di accettare tagli sostanziosi.
Anche perché al vitalizio regionale si accedeva dopo una sola legislatura trascorsa in Consiglio, ma bastava arrivare a 30 mesi per ottenere il diritto di continuare a versare il resto e maturarlo. Inoltre, la pensione dei politici è cumulabile con altri trattamenti previdenziali e con altri vitalizi (c’è chi percepisce l’assegno di Palazzo D’Aimmo, quello del Parlamento e la pensione per la professione svolta). E a dispetto di chi dovrà attendere i 70 anni per andare in pensione, per il vitalizio ne servono 60 (ma anche 55 con il sacrificio di una sopportabilissima decurtazione dell’importo).
Dopo due anni di austerity, inoltre, agli ex inquilini di via IV Novembre col bilancio 2017 della Regione è stato risparmiato il contributo di solidarietà deciso a livello nazionale dalla Conferenza dei presidenti delle Assemblee legislative. Una riduzione per scaglioni: dal 6% sugli assegni fino a 1.500 euro mensili al 15% per quelli sopra i 6mila. Tornati alle cifre originarie, gli 82 assegni diretti e i 29 di reversibilità hanno un costo annuale di 3.971.763 euro.

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3 Commenti

  1. Donato Paolone scrive:

    Alle prossime elezioni pensateci bene, molisani, perché siete stati anche voi i fautori della rovina, pronunciandovi in un certo modo. Per esempio, si ripresenterà Iorio, e abbiamo detto tutto. Purtroppo c’è ancora una fetta di noi che continua a pensarla nel modo becero che ha decretato il tracollo della regione. Chi ha orecchie per intendere, intenda.

  2. Giuseppe scrive:

    Speriamo che in un prossimo futuro questi parassiti saranno processati, ladrocini del genere non sono più tollerati, le inique diversità porteranno agli estremi il popolo con conseguenze imprevedibili. Quando le leggi sono create per il solo vantaggio di pochi si arriva inevitabilmente a scontrarsi con irruenza. L’equità sembra venga menzionata solo quanto si paga.

  3. Simonetta scrive:

    Vergogna delle vergogne, e non occorre aggiungere altro, perché si è detto già troppo. Con una regione colabrodo, che sta progressivamente perdendo competitività ed abitanti, si ha ancora il coraggio di difenderne l’autonomia!

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