Gli piace parlare di fatti. Così, a chi della restituzione di parte dell’indennità ha fatto il punto principale del suo programma per il Paese, Enrico Colavita dice: se sarò eletto, devolverò tutto il mio compenso a una fondazione che si occuperà di chi ha meno e di aiutare con borse di studio i giovani meritevoli che non possono permettersi, per esempio, l’università o un master per spiccare il volo.
È diventato grillino, l’ex presidente di Confindustria Molise? No, risponde. Lui va al sodo. «Alla fondazione avevamo pensato qualche anno fa già. E poi se ne parla tanto. Invece che stare a stabilire chi lo dice e chi no e se poi chi lo dice lo fa, io dico: servono i fatti».
Toglie così dal tavolo un argomento, che ha dimostrato di essere uno dei più spinosi nell’Italia che per rabbia e delusione tende a ragionare di pancia.
È un inciso, quello dell’indennità, per il candidato del centrosinistra al maggioritario del Senato.
Nella sede di via Roma, mentre scorre alle sue spalle il videomessaggio del ministro Calenda che lo ha definito qualche giorno fa «uomo di grande qualità che ha dimostrato di saper fare», Colavita infatti inserisce questo annuncio nel ragionamento che ha aperto da subito e sta portando avanti coi giovani e sui giovani della sua regione. La sua indennità, spiega più nel dettaglio, «per contribuire alle iniziative delle associazioni di volontariato che intervengono ad alleviare il disagio delle famiglie molisane e a istituire delle borse di studio per aiutare i giovani di queste famiglie a seguire corsi di formazione di eccellenza».
Approccio pragmatico con l’obiettivo di «riavvicinare la politica ai bisogni della nostra gente, dei quali sempre si parla con risultati che sono poi sempre limitati. Sono, invece, convinto che il nostro dovere verso questa terra, verso i giovani, sia poter offrire loro possibilità di futuro, accompagnandoli e sostenendoli verso un domani meno incerto. Ecco perché voglio destinare tutta la mia indennità da senatore a una fondazione dedicata al sostegno di chi è rimasto ai margini. L’Italia non è fatta solo di eccellenze, ma è fatta anche di tante persone che sono rimaste indietro, schiacciate dalla crisi e da tante esigenze sociali che cercano risposte concrete. Oggi la possibilità di interventi pubblici in questi settori si riduce, perché la bassa ricchezza prodotta dal Paese non consente politiche di redistribuzione capaci di intervenire su tutti i bisogni della popolazione. Credo che ora più che mai abbiamo bisogno di esempi positivi di sobrietà e di solidarietà verso i più deboli».
Altri punti chiave, la condivisione e la concertazione. «Ritrovare il senso di comunità. Io lo faccio ripercorrendo i nostri comuni con l’entusiasmo di ritrovare la gente e le eccellenze. Che, se restano qui dove sono, non bastano allo sviluppo, dobbiamo saperle utilizzare come risorse». Fatti e condivisione di progetti. «Nel farsi la guerra – aggiunge – l’uno contro l’altro si perde solo tempo». Diretto su tutto, Colavita non ci sta al quadro di un Molise in ginocchio: «La ripresa è partita dal Nord Europa e c’è anche in Italia e nella nostra regione. Certo, in alcune zone – come la nostra – arriva più faticosamente». Non condivide il richiamo alla necessità di un sistema bancario pubblico. «Dio ce ne scampi. La banca privata, locale, l’abbiamo realizzata, la Banca delle Province molisane, di cui sono stato promotore insieme ad altri naturalmente. Ma le cose si sono fatte».
Così come respinge le accuse al Pd di essere diventato, con la sua candidatura, il partito delle imprese. «Nel sistema imprenditoriale italiano non ci sono più conflitti. Abbiamo rinnovato 40 contratti di categoria senza scontri. Si parla di welfare aziendale, di partecipazione dei lavoratori all’impresa», manda a dire alla sinistra che si definisce pura. I problemi nascono quando una multinazionale, come Embraco o Honeywell decidono di delocalizzare perché trovano altrove condizioni fiscali di vantaggio. Problema che, a suo parere, va risolto a Bruxelles perché nell’Ue le condizioni – pur con le dovute eccezioni autorizzate dall’Unione – le condizioni devono essere uguali ovunque e per tutti.
Né populismo né paura, conclude Colavita: «La politica di oggi non può far leva sulla paura dei cittadini. È una strada breve senza uscita. E questo è un principio evidente per i molisani e per gli italiani tutti. Lo dicono i numeri in crescita di chi sceglierà di anteporre la sicurezza e la competenza a chi parla semplicemente alla pancia del Paese. Il futuro ci riserva sfide difficili che non possono essere affrontate decidendo di percorrere scorciatoie, ma solo con la consapevolezza che per confrontarci con il domani abbiamo bisogno di sobrietà, competenza e serietà. Abbiamo bisogno di prendere in carico la gestione dei problemi, non la gestione della paura. È un tipo di impegno che guarda alla condivisione. A progetti condivisi con prospettive di crescita».
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