«L’unico reato per cui sono indagato è vilipendio (non dunque istigazione alla violenza, ndr) al Presidente della Repubblica a mezzo social su Twitter. Il mio profilo è pubblico, e tutti possono andare a vedere cosa ho scritto, quindi non so perché ci sia stato bisogno di cercare altre prove scaricando tutti i miei materiali e portando via due pc». Parla all’Adnkronos il prof Marco Gervasoni dopo la perquisizione del Ros nell’ambito dell’indagine che lo vede coinvolto insieme ad altre dieci persone.
I carabinieri, dice, «sono stati molto corretti, gentili e attenti ma è stata certo una sorpresa trovarmi gli uomini del reparto speciale, quelli che normalmente si occupano di Totò Riina e dei jihadisti, alla porta di casa… io sono un professore universitario e la mia è stata solo legittima critica politica».
Se la critica diventa vilipendio, prosegue, «vuol dire che siamo in regimi di altro tipo». Peraltro, aggiunge, «avevo 21mila follower e l’account mi è stato sequestrato, in questo modo la mia libertà di espressione è stata fortemente limitata». In ogni caso «sono tranquillo: non troveranno nei miei dispositivi nessun contatto con ambienti eversivi e i tweet sono pubblici».
Vicino a Fdi, respinge le descrizioni che lo vedono estremista di destra e antisemita, «uno degli ultimi post che avevo fatto era pro Israele». Secondo Gervasoni, «c’è il tentativo di deviare su altri problemi» e «di zittire, impaurire, perché, com’è successo a me, può accadere ad altri, e quindi prima di scrivere qualcosa contro il Capo dello Stato la prossima volta ci si penserà due volte… Anche perché si tratta di un reato che comporta in teoria fino a 5 anni di carcere».
Infine, la questione politica: «Sui social possono istigare alla violenza contro Meloni, contro Salvini e non succede niente… è vero che non sono il Capo dello Stato ma nessun magistrato se ne occupa».

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