L’addizionale regionale per ripianare i disavanzi sanitari è incostituzionale. E’ destinata a fare giurisprudenza la decisione della Commissione tributaria provinciale di Campobasso che ha accolto il ricorso dell’avvocato Franco Mancini. Il collegio giudicante, presieduto da Giuseppe Di Nardo e composto da Luigi Catelli e Angelo Marolla, lo scorso 5 novembre ha rimesso gli atti alla Corte costituzionale con l’ordinanza numero 588/2015.

Il ricorso contestava la disposizione della Finanziaria 2010, in base alla quale le Regioni in piano di rientro avevano la possibilità di aumentare le imposte ai cittadini, Irap e Irpef in particolare: “L’accertato verificarsi, in sede di verifica annuale (operata dal tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti e Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli di assistenza sanitaria), del mancato raggiungimento degli obiettivi di rientro dal deficit sanitario, comporta, oltre a varie misure (blocco delle assunzioni e del turn-over, divieto di effettuare spese non obbligatorie, decadenza dei direttori generali, nomina del commissario ad acta), l’incremento nelle misure fisse di 0,15 punti percentuali dell’Irap e di 0,30 punti percentuali dell’addizionale all’Irpef”.

Una maggiorazione automatica e imposta, in deroga alle facoltà concesse alle Regioni. Aliquote al massimo in Molise, unico caso in Italia. In questo sistema l’avvocato Mancini ha visto “un vulnus al principio di capacità contributiva, non sussistendo alcun nesso causale tra la capacità economica dei cittadini residenti e l’inadeguatezza dei piani di rientro dal deficit sanitario”. Osservazioni accolte dalla Commissione tributaria provinciale. La tesi di Mancini non solo non è stata ritenuta infondata, ma al tempo stesso è stato considerato “ragionevole e rispettoso dell’articolo 53 della Costituzione ancorare l’aumento delle addizionali al modo di gestire il servizio sanitario in tal modo costringendo i cittadini a pagare un maggiore tributo, per la colpa (o il dolo) dei soggetti che lo amministrano, e ad essere, inoltre, penalizzati per le deficienze del servizio ed il maggiore costo dello stesso”.

Il Collegio presieduto da Di Nardo ha anche condiviso le rimostranze mosse alla legge in relazione all’articolo 97 della Costituzione che detta i principi di buon andamento ed imparzialità della Pubblica Amministrazione: l’aumento delle tasse, infatti, scatta per il mancato raggiungimento degli obiettivi fissati dai tavoli tecnici. Un criterio, dunque, del tutto discrezionale.

La Commissione Provinciale ha inoltre fatto proprie le censure rivolte dall’avvocato Mancini che lamentava la violazione del diritto di difesa (articolo 24 della Costituzione), tenuto conto che, nei confronti delle valutazioni dei tavoli tecnici, non è prevista nessuna possibilità di contestazione da parte del contribuente sulla maggiorazione dell’aliquota.

Inoltre, riferendosi ad alcuni pronunciamenti delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione e della Corte di Giustizia, la Commissione tributaria provinciale ha osservato come, di fronte agli aumenti di Irap e Irpef, “il contribuente non goda nemmeno di un’adeguata tutela indiretta in quanto la partecipazione dei rappresentanti del governo regionale alle decisioni dei tavoli tecnici, non risponde a tale esigenza, non potendo avvertire i limiti e le inadeguatezze di piani che essi stessi hanno formulato ed essendo inoltre interessati a deresponsabilizzarsi, per non esporsi alla impopolarità”.

La trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale apre uno scenario di grande interesse considerato che proprio in questi giorni tra il Governo e le Regioni è in atto un braccio di ferro sulla sanità e soprattutto sull’ipotesi che il blocco delle addizionali riguardi tutte le Regioni, tranne quelle ancora in piano di rientro.

 

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