I risvolti della manifestazione di ieri in difesa della sanità pubblica portano ad una riflessione don Francesco Martino che, al pari di tanti rappresentanti dell’Alto Molise, non ha preso parte al corteo.

“Esprimo un profondo rispetto per tutti coloro che sono scesi in piazza in buona fede per difendere la Sanità Pubblica, con buone ragioni e, senza ombra di dubbio – spiega – il sottoscritto è per la difesa e la tutela della sanità pubblica e per il convenzionato che realmente aiuta la sanità pubblica a curare i cittadini. Tuttavia io ed altri amici abbiamo deciso, pur rappresentando un’opinione di minoranza, di non partecipare alla manifestazione di Campobasso. Le nostre motivazioni e perplessità derivano da una serie di considerazioni. In primo luogo non vi è dietro la protesta di ieri una proposta chiara, se non quella di azzerare il Programma Operativo e il lavoro faticosamente fatto qui dal Governo Regionale. Lo scendere in piazza, poi, ci è sembrato avvallare lo status quo della Sanità Molisana. In questi drammatici otto anni abbiamo seguito e partecipato giorno per giorno a tutto questo processo di discussione e all’intero calvario del Piano di Rientro accettando sempre la sfida del dialogo, del confronto limpido, della proposta chiara, dello studio attento di tutte le norme, la legislazione in materia, per trovare in maniera originale nelle pieghe dei testi le soluzioni più efficaci e possibili ai problemi posti sul tappeto in modo da salvare i servizi ed ottenere alcune certezze: certezze che non ci sono più assicurate se il banco salta. Abbiamo imparato, peraltro, che la protesta generica non serve, serve inchiodare punto per punto il Governo Regionale e la Struttura Commissariale. Leggendo il programma Operativo, poi, crediamo che sostanzialmente il riordino globale della Sanità assicuri tutti i servizi esistenti in Regione ai cittadini e penalizzi proprio i baroni. L’obiettivo della manifestazione se è stato quello di mandare il governatore a casa e lasciare tutto nel caos non può essere da noi condiviso, perché il caos è la nostra morte”.

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