È corsa alla candidatura, alla poltrona. Ad un posto comodo. Seguendo le trasmissioni di approfondimento, leggendo i quotidiani, ascoltando i big della politica che si alterano nei salotti televisivi, non è difficile intuire che il Paese descritto è assai distante da quello reale.
Tutti sembrano avere la bacchetta magica, la pozione che come d’incanto possa risolvere i problemi che da troppi anni frenano l’economia, arrestano i processi, bloccano la crescita.
Lo Stato, che dovrebbe assicurare, garantire, proteggere i suoi cittadini, talvolta si rende complice dei fallimenti, non onorando i debiti che la pubblica amministrazione contrae con le imprese.
Il concetto è chiaro, fin troppo, anche a chi nel piccolo Molise lavora nel settore delle grandi opere. Lo ‘predica’ da anni Marciano Ricci, patron di Europea 92 e fondatore di Primo Piano Molise. Uno stato di fatto che non lascia presagire nulla di buono «a dispetto – afferma Ricci – delle chiacchiere che sento su ogni rete televisiva dai politici impegnati in questi giorni a cercare di tirare l’acqua al proprio mulino senza minimamente curarsi della crisi che sta distruggendo, annientando, devastando il nostro Paese. Quando mi capita di guardare qualche talk show politico, a prescindere dall’ospite di turno, sia esso bianco, rosso o giallo, ho la sensazione che la classe dirigente non solo non sia all’altezza ma non abbia la benché minima cognizione di come è messa l’Italia dal punto di vista produttivo-imprenditoriale. Stamattina (ieri mattina, ndr) leggo in rassegna stampa di grandi aziende ormai sull’orlo del precipizio. Ci sono finite non perché non sanno amministrare o perché hanno programmato male gli investimenti. Ma perché, leggo testualmente, “l’Italia, complice la mancanza di una scarsa visione strategica sulle grandi infrastrutture, non offre particolari chance. Complice, peraltro, una pubblica amministrazione che raramente onora i debiti con tempi certi, con il risultato che i crediti commerciali stazionano in bilancio e l’indebitamento cresce”. Mi pare fin troppo chiaro. L’impresa lavora, si indebita con le banche per onorare gli impegni con il contraente che però a sua volta non onora gli impegni con l’impresa. Siamo alla follia, al collasso, al punto di non ritorno».
L’amarezza, la delusione dell’imprenditore molisano è soprattutto per la mancata presa di coscienza da parte di chi si propone alla guida del Paese. «Registro – ancora Marciano Ricci – solo una corsa frenetica alla poltrona, sento parlare di Pil in crescita, disoccupazione che diminuisce, tenore di vita migliorato. Sento parlare di reddito di cittadinanza, di sostegno ai poveri. Bene, benissimo, dico. Ma mi spiegate come fate a promettere posti di lavoro per il futuro se nel presente non riuscite a onorare i debiti che avete contratto con le imprese che hanno lavorato per voi? Per voi che siete lo Stato? Ma di cosa vogliamo parlare? Ma avete contezza di quanti artigiani hanno dovuto cessare l’attività perché strozzati dai debiti? Ma conoscete il numero delle piccole e medie imprese che sono fallite perché non hanno potuto onorare banche e fornitori? Avete idea di cosa potrebbe accadere se proseguiamo su questa strada senza correre subito ai ripari? Avverto solo una frenetica smania – è la sensazione di Ricci – di assicurarsi un posto a Roma. Io credo che si sia perso il lume della ragione. Non c’è pudore, non c’è moralità, manca la consapevolezza dello stato reale di salute dell’economia. Oggi la priorità di chi si propone per governarci è capire se tra sabato e domenica il notaio lavora per poter sottoscrivere l’accettazione della candidatura. Mah, se questa è l’Italia che lasciamo ai nostri nipoti, farò in modo che il futuro dei miei sia in un altro Paese. Mi rifiuto. Rifiuto questo stato di cose, è contrario allo spirito con cui i nostri nonni, i nostri padri hanno fatto grande questo Paese. Noi lo stiamo distruggendo e io non posso rendermi partecipe di tale disfatta. Non ci sto. Io non so se chi oggi ci governa e chi si sta proponendo per farlo conosce quali sono i rapporti tra le banche e le imprese. Non so se sa che un piccolo imprenditore per ottenere un prestito per lavorare – ho detto lavorare non per comprare l’auto o andare in vacanza – deve impegnare tutto quello che ha. E se terminato il lavoro lo Stato non paga, perché è noto che non paga, l’imprenditore va sul lastrico. È questa l’Italia che stiamo lasciando alle nuove generazioni. Provo solo vergogna mista a impotenza. Mi rivolgo ai giovani, loro che sono il futuro: fatevi avanti con tenacia e coraggio. Non lasciatevi condizionare, combattete fino all’ultimo briciolo di forza, non cadete nella trappola delle promesse. Voi siete la speranza, siete il futuro».

ppm

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