Scontro sui tempi della crisi al Senato. La capigruppo di Palazzo Madama – con il voto di M5s, Pd e Misto – ha fissato per martedì 20 agosto le comunicazioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il conseguente voto sulla mozione di sfiducia della Lega.
Ma sul calendario deve votare l’Aula oggi alle 18 per una decisione della presidente Casellati fortemente criticata da 5s e dem. Il centrodestra, tornato unito intorno alla Lega, aveva infatti chiesto il dibattito dal 14 agosto.
«Uno spettacolo indegno, una forzatura gravissima, un ennesimo oltraggio al Parlamento», così il capogruppo del Pd Andrea Marcucci. «Nella capigruppo c’era l’accordo della maggioranza su Conte che avrebbe riferito il 20 in Aula, la Casellati non doveva prestarsi». Anche Leu, con Loredana De Petris, denuncia la scelta di «piegare il regolamento a chi ha deciso dalla spiaggia, attentando alla possibilità dei senatori di svolgere il proprio mandato». Secondo la presidente dei senatori di Fi Anna Maria Bernini, invece, «le comunicazioni fanno parte di un traccheggiamento di M5s e Pd per creare una rampa di lancio per un Conte bis o un nuovo governo. Il Pd dica subito se vuole votare a favore della mozione di sfiducia a Conte o creare un nuovo governo. Noi non vogliamo creare accordicchi di palazzo. Casellati ha seguito il percorso giusto».
Movimento 5 Stelle, Pd e gruppo Misto hanno annunciato intanto che 159 senatori – contro i 136 di cui possono disporre Lega, Fi e FdI – sono pronti a votare domani il calendario che prevede l’informativa di Conte il 20. In Aula, sarebbero 102 senatori M5s su 107, 45 Pd su 51 e 12 del Misto. Dopo i senatori pentastellati, anche il Pd ieri ha richiamato i suoi, chiedendo di rientrare. Poi la decisione di Casellati di fissare per oggi pomeriggio il voto dell’Aula.
Sul calendario, conferma prudente il senatore 5s molisano Luigi Di Marzio, la maggioranza semb ra esserci. Sul resto, è riserbo. «Nessuno vuole sedersi al tavolo con Renzi. Sento parlare di aperture o di chiusure ma il M5s vuole solo una cosa: che si apra al taglio dei parlamentari. Ci aspettiamo che la Camera possa votare la legge», è la posizione di Luigi Di Maio che in una diretta Fb, ha accusato Salvini di «mettere a rischio l’Italia, portando il Paese all’esercizio provvisorio».
È il Pd l’ago di questa bilancia e lo è con le sue ormai proverbiali divisioni interne. Tra i zingarettiani sembra crescere il fronte dell’accordo coi 5 Stelle, a dispetto delle dichiarazioni pubbliche, un accordo di legislatura addirittura. In chiaro, però, il segretario fa appello a Renzi a non spaccare, a decidere insieme. L’ex premier, lanciato verso la scissione con Azione Civica e che controlla la maggior parte dei parlamentari dem, risponde: «Il governo istituzionale è la risposta a chi vuole pieni poteri per orbanizzare l’Italia».
Se passa la scelta del 20 agosto, 5 Stelle e Pd avranno una settimana per cercare e far digerire un esecutivo da sostenere insieme. Determinante, il Capo dello Stato. Che anche grazie alle discussioni pubbliche fra i dem sa che un’altra maggioranza in Parlamento è possibile.
Non a caso, tornato dalla Sicilia a Roma, Salvini riunisce i parlamentari della Lega e chiama in causa Mattarella: «Pronto a ritirare la delegazione dal governo? Pronto a tutto. Non siamo attaccati alle poltrone, lo vedrete presto. Mi affido alla saggezza del Presidente della Repubblica: è evidente che non c’è un’altra maggioranza».
A margine della riunione dei gruppi, il senatore Federico Ortis accusa Salvini «che ha deciso di tradire gli italiani e rifondare il partito Lega-Fratelli d’Italia-Forza Italia, il tutto solo per sfruttare i sondaggi che lo danno in crescita, in sfregio alle esigenze degli italiani. Una cosa è certa, ogni passaggio lo faremo nel rispetto delle istituzioni e nella massima trasparenza. Come sempre, sarà dura, ma noi non molleremo mai». Il deputato Antonio Federico aggiunge: «Inutile fare passi avventati. Se sarà necessario con Mattarella si troverà una soluzione per evitare gravi problemi al Paese, altrimenti si vada al voto anche subito». Niente «scaricabarile ma nemmeno corsa ad una nuova maggioranza a tutti i costi».
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